Recensione: Strength

Di Marco Catarzi - 10 Gennaio 2022 - 8:00
Strength
Band: Unto Others
Etichetta: Roadrunner Records
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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76

L’esordio Mana (2019) aveva annoverato gli Idle Hands tra le più interessanti giovani realtà in ambito metal tradizionale (e non solo), riconoscimento suffragato in Europa dalla partecipazione al festival Keep It True nello stesso anno.

A causa di problemi di omonimia, li troviamo col presente Strength sotto il monicker Unto Others. Nulla è cambiato nella line-up, nelle scelte iconografiche (vedasi logo) e soprattutto nella proposta. Il passaggio a Roadrunner conferma l’ascesa del quartetto statunitense, che fin dall’EP Don’t Waste Your Time (2018) ha saputo fondere in maniera personale suggestioni derivanti dall’heavy metal inglese ottantiano e sonorità dark/gothic rock.

In questa nuova prova l’unione di strutture metal “classiche” e trame oscure di estrazione rock acquista maggiore profondità emotiva, grazie a un songwriting concreto e a canzoni di durata contenuta.

Lungo il full-lenght prende corpo la visione musicale di Gabriel Franco, chitarrista/cantante e principale compositore, affiancato dall’altra chitarra di Sebastian Silva (attuale membro anche dei Silver Talon) e dalla sezione ritmica di Brandon Hill (basso) e Colin Vranizan (batteria).

 

 

Heroin è l’opener perfetta, all’insegna di un classic metal aggressivo che riscrive i dettami della NWOBHM più oscura. La tensione espressa dalla copertina del maestro Adam Burke si sprigiona in strofe tese e refrain maligni mentre Franco conduce il brano con voce stentorea.

Le componenti dark emergono progressivamente, dialogando con i riff in Downtown o imponendo ritmi marziali e stranianti di When Will Gods Work Be Done. Le melodie sono riconoscibili, la voce si concede toni più alti, il lavoro del basso aumenta di spessore. L’utilizzo di arpeggi e note pulite è fondamentale nel creare il substrato gothic rock, mentre l’anima metal esplode in fraseggi di chitarra e parti soliste di efficace bellezza. Proprio la fusione di questi elementi in apparente contrasto è il punto di forza degli Unto Others che, pur attingendo a generi nati decenni prima, creano un proprio amalgama.

Magnifici orizzonti si aprono in Little Bird, ballad capolavoro priva di retorica e piena di dolcezza e forza, dove Franco libera finalmente la sua voce in una prestazione emozionante.

C’è grande equilibro nella costruzione dei pezzi, impreziositi da passaggi strumentali affascinanti e da una forte presenza delle parti vocali. Ne è conferma la bellissima Hell Is for Children, cover di Pat Benatar, che gli Unto Others portano in territori sabbathiani, mantenendo la magia delle melodie e rendendole coerenti al resto dell’album.

Lo spirito dark rock domina pezzi di chiusura come Instinct e soprattutto la title-track, con ritmiche peculiari e sovrapposizioni di differenti livelli sonori, che potrebbero sedurre in egual misura fans di Depeche Mode e Type o Negative.

Strength fornisce più porte di accesso a chi gli si avvicina, attraendo a sé ascoltatori diversi tra loro. C’è molto lavoro dietro le composizioni, eppure la fruizione risulta spontanea e i brani non hanno bisogno di distorsioni eccessive e di ritmiche serrate per imporsi.

La musica della band di Portland non ha nostalgie protipiche, ma procede libera. Potrebbe raggiungere un vasto pubblico mainstream (non a caso sono previsti come opening act nel mega tour Arch EnemyBehemothCarcass), così come rimanere in ambiti di culto.

Sta di fatto che la personalità di Gabriel Franco e soci si affianca a quella di Nate Garrett (Spirit Adrift) e Trevor William Church (Haunt), musicisti che fanno proprie sonorità “tradizionali”, ma nel caso degli Unto Others gli orizzonti sono ancora più ampi.

 

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