Recensione: Stripped
Gli Stage Dolls, gruppo norvegese in bilico tra l’AOR e l’hard-rock formato da Torstein Flakne (voce e chitarra), Terje Storli (basso) e Steiner Krokstad (batteria), ha esordito nel lontano 1983 con l’ottimo album “Soldiers Gun”.
Sicuramente poco conosciuti in Italia, a mio avviso ingiustamente, si imposero nei paesi scandinavi, e non solo, grazie al loro sound melodico e graffiante, tipico di quelle rock band che videro la luce nella metà degli anni ottanta, tra cui i loro connazionali TNT, ai quali per certi versi, stilisticamente parlando e per il sound si potrebbero accostare.
“Stripped” è il quarto album della ricca e lunga discografia del gruppo norvegese, discografia che arriva ai giorni nostri: è infatti del 2004 il loro ultimo lavoro “Get A Life”, preceduto da una completa raccolta dei loro maggiori successi “Good Times – The Essential Stage Dolls”, del 2002.
“Stripped” contiene song di un certo spessore, “Don’t Bother Me” e “Sorry Is All I Can Say” su tutte, due stupende ballad in tipico stile Bon Jovi impreziosite dall’intensa interpretazione offerta da Flakne.
Altrettanto bella è anche la prima track dell’album, “Stand By You”, lenta e melodica, così come melodica e romantica è “Goodbye To Amy”. Più scanzonata invece “Left Foot Boogie”, mentre i norvegesi mostrano il loro lato più rockettaro in “Life In America” e i”Rock This City”. L’intero album comunque si mantiene su uno stile costante, che forse risulta essere la vera pecca di questo lavoro, infatti qualche pezzo più heavy avrebbe reso il tutto più ricco e meno ripetitivo. Nonostante ciò “Stripped” risulta un album più che godibile, le song di maggior spessore, già segnalate, non hanno nulla da invidiare alle canzoni di quei gruppi più fortunati che negli stessi anni calcarono la scena hard’n’heavy da protagonisti assoluti.
Tracklist:
1. Stand by you
2. Life in America
3. Left foot boogie
4. Love don’t bother me
5. Money
6. Sorry is all i can say
7. In the heat
8. Let’s get crazy
9. Goodbye to Amy
10. Rock this city
11. Livin on borrowed love
12. Down on me