Recensione: Stronger, Perfect
Molto promettente questo demo dei Fifth Season, autori di un progressive singolare e davvero interessante. La band, nata nel 2000 dalle menti di Cristiano Grifoni e di Valerio Pappalardo, ha faticato cinque lunghi anni, incorrendo in molteplici cambi di line-up che hanno per qualche tempo allontanato lo stesso Pappalardo dal gruppo, prima di sfornare il cd dimostrativo che ci troviamo qui a esaminare. Le cinque tracce che compongono la scaletta di Stronger, Perfect offrono un sound ambizioso e dalle molteplici influenze: space rock, classica, rock sinfonico, naturalmente stratificati su una dura base metallica e impreziositi da un tocco che oserei definire di new age, capace di creare un’atmosfera unica e avvolgente. Tra i principali fautori dell’esplosiva miscela si annoverano senza dubbio le fantasiose tastiere di Marco Novello, sovente protagoniste, esaltate dalle frequenti combinazioni con il folcloristico flauto di Francesco De Raffaele. Ottima la prova di quest’ultimo con lo strumento – a dirla tutta uno degli aspetti più originali e convincenti di tutto il disco – altalenante quella alla voce: se è vero infatti che l’aggressività non gli manca, è vero anche che nelle parti più melodiche il suo timbro non pare sempre all’altezza, così da far preferire i vocalizzi più sporchi e graffianti a quelli, negli intenti, puliti e armonici. L’aura a un tempo mistica e spaziale creata dalla sezione melodica è irrobustita da un riffing roccioso e compatto, con un Cristiano Grifoni intelligente nel mettersi da parte nei momenti più evocativi quanto vigoroso nel rivestire con puntualità e sicurezza il ruolo di trascinatore ogni qualvolta venga chiamato in causa. Buona anche la sezione ritmica, varia e potente oltre che precisa, sebbene talvolta la qualità del suono fallisca nel valorizzare i pattern di un basso spesso relegato a un lavoro oscuro, e che solo in The Hatch ha l’opportunità di mettere davvero in mostra le proprie armi vincenti.
A livello di songwriting le canzoni si attestano su livelli decisamente positivi, merito soprattutto del sound originale e dinamico, che se valorizzato da una produzione di qualità (quella attuale non è affatto disastrosa, ma si può migliorare) potrebbe decretare le future fortune della band. Gli aspetti su cui sarà necessario lavorare maggiormente sono fondamentalmente la voce, come già rilevato in precedenza, e alcuni passaggi strumentali che tendono a tratti a essere un po’ troppo prolissi e dispersivi. Le premesse tuttavia appaiono decisamente incoraggianti, e un brano come The Marching Truth denota già una maturità piuttosto definita, anche se a giudizio del sottoscritto il pezzo più riuscito può ritenersi il prologo The First Sun, con i suoi richiami a melodie esotiche dal flavour estremo orientale, in sinergia con un mood futuristico capace di tenersi a debita distanza da insidiose cadute verso sonorità vanamente moderniste o di dubbio gusto.
The Fifth Season è un nome che senza dubbio converrà tenere a mente per un futuro non troppo lontano: se i ragazzi riusciranno a sopperire alle poche lacune fin qui evidenziate la strada che li separa da un debut convincente non dovrebbe essere molto lunga. Insomma, le carte per compiere con successo il gran passo ci sono tutte, ora sta alla band giocarle nel modo migliore.
Tracklist:
1. Prologue: The First Sun
2. Act 1: The Thaw
3. Act 2: The Hatch
4. Act 3: The Marching Truth
5. Outro: First of Fifth