Recensione: Stronger Than Death
Il secondo album è in assoluto il più difficile per una band. Su di esso si riversano migliaia di sentimenti spesso contrastanti: ansie, paure, aspettative, certezze e ripensamenti. E poco importa se questi sentimenti appartengono ai musicisti che scrivono musiche e testi o ai fan che aspettano l’uscita del disco. Qui si parla di un’unica grande essenza, di una simbiosi perfetta tra artista e il resto del suo mondo, perché gruppo e appassionati sono le due facce della stessa medaglia, complementari gli uni agli altri.
”Stronger Than Death”, seconda fatica dei Black Label Society, è la giusta compenetrazione e la sottile linea di confine tra le due entità.
Lo si percepisce da subito: è nell’aria… un’aria viziata e satura di odori più o meno tollerati dalle narici. È odore di whisky, di benzina, d’asfalto reso bollente dal sole.
Ma il disco non ha solo odori vivi e ricorrenti, colpisce tutti i sensi e avvolge l’ascoltatore.
Zakk Wylde ha, più o meno artificiosamente, rievocato il mondo a lui più caro, creando un’opera che aggredisce gli occhi con la luce del sole in pieno viso e capelli sciolti al vento, aria tagliata dalla moto, nera come la pece. È un tramonto rosso fuoco e viola acceso nelle ballad suggestive, che riconducono alla pace del deserto prima della fredda notte. La sensazione di dolce rugosità nel panno del tavolo da pool, il coyote che ulula alla luna nelle pentatoniche graffianti.
Il sempre magico ed affascinante sud degli “states” insomma, che si rivela in un disco di pure immagini evocative, una sorta di bolla di sapone che lascia il mondo esterno al di fuori, confuso nella caoticità della vita, ammantandosi di forza dirompente, poesia e preghiera:
“For all that has been
And all that is
Lord, I’m just killing time
And time’s killing me”
Una contaminazione continua tra blues, country e un hard rock ruvido e potente, suonato a tutto volume e contraddistinto da repentini e fulminei cambi di velocità soprarutto negli assoli mozzafiato, spesso carichi di ricercati effetti, seconde voci ovattate ed echi lontani.
Un disco solido che sa anche essere dolce, un equilibrio perfetto per il mago delle sei corde.
“All For You” , “Phoney Smiles & Fake Hellos”,” 13 Years Of Grief” sono brani dai ritmi subito infuocati, tanto per dichiarare all’ascoltatore la strada da intraprendere nell’ascolto del disco e mettere in chiaro che la band è come sempre pronta a colpire duro.
Da sottolineare in “Counterfeit God” la feroce presa di posizione di Zakk contro i tele evangelisti, ed in maniera particolare contro Jimmy Swaggart, tacciato dallo stesso di blasfemia e già bersaglio di Ozzy Osbourne in “The Miracle Man”.
Il disco non sembra avere grossi punti deboli; anche la scelta dei pezzi più lenti e cadenzati è ben distribuita all’interno dell’album, e si rivela molto adatta per riprendere fiato e tra un attacco sonoro e l’altro.
Un disco molto bello, suonato da tre ottimi musicisti, che fu capace di confermare Zakk Wylde, se mai fosse stato necessario, come uno dei migliori musicisti presenti sulla scena.
Album completo sia in fase compositiva, sia interpretativa, “Stronger Than Death” è, ad oggi, un capitolo fondamentale per comprendere ed apprezzare da vicino le grandi virtù di Wylde e dei suoi Black Label Society.
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Tracklist:
01. All For You
02. Phoney Smiles & Fake Hellos
03. 13 Years Of Grief
04. Rust
05. Superterrorizer
06. Counterfeit God
07. Ain’t Life Grand
08. Just Killing Time
09. Bullet Inside Your Head
10. Stronger Than Death
11. Love Reign Down
Line Up:
Zakk Wylde – Voce, Chitarra, Basso, Piano
Phil Ondich – Batteria
Mike Piazza – Basso