Recensione: Structures In Chaos

Di Daniele D'Adamo - 25 Febbraio 2012 - 0:00
Structures In Chaos
Band: Temple
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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78

Temple: così si chiama il nuovo progetto dei musicisti olandesi A.J. van Drenth (Legion, ex-Beyond Belief, ex-Throne), Michiel Dekker (The Monolith Deathcult, ex-Beyond Belief, ex-Dead Head, ex-Eternal Conspiracy, ex-Monolith) ed Eric de Windt (Supreme Pain, Prostitute Disfigurement, ex-Deströyer 666, ex-Flatulation, ex-Inhume, ex-Severe Torture, ex-Sinister).

Un trio di loschi figuri che ha fatto e fa del brutal death metal una ragione di vita. Lo fa poiché questi Temple sono una clamorosa quanto inaspettata (si pensa sempre che il metal estremo abbia raggiunto un limite…) macchina devastatrice. Quanto a furia musicale, difatti, solo in pochi si avvicinano ai Nostri. Per scrivere un nome, Anaal Nathrakh. Il che è tutto dire. Al contrario degli inglesi che, però, inseriscono nel loro sound molto hardcore, A.J. van Drenth portano ai limiti dell’umana sopportazione il più classico dei death metal. Quello delle band fondamentali che ne hanno disegnato gli stilemi come Death, Deicide, Obituary e Cannibal Corpse senza dimenticare – quale elemento di paragone assieme al folle duo di Birmingham – i Vader.

“Structures In Chaos” è, quindi, il primo figlio di una stirpe degenere che – si spera – avrà una lunga discendenza. La ventennale esperienza dei membri dei Temple quali abitanti del marcio underground targato brutal, assieme al possesso di un’indubbia dose di talento estetico, si fa sentire tutta per cui il fatto che la band si sia formata appena un anno fa è del tutto irrilevante. Il sound dei tulipani è formato in ogni sua parte, è pieno, possente, consistente, professionale e, soprattutto, assolutamente devastante. Sono molte le realtà che provano a sfondare la barriera del suono con la loro musica, ma sono poche anzi pochissime quelle che riescono a farlo con ordine e pulizia: fra esse, per l’appunto, i Temple.      

Forse per motivi più promozionali che artistici, a “Structures In Chaos” partecipano come ospiti numerosi cantanti della scena thrash/death dei Paesi Bassi. A parere di chi vi scrive tale idea non è particolarmente interessante. Peggio, rischia di intorbidire le acque di uno stile invece brillante e piacevole: sentire spuntare qua e là voci così diverse può dare la sensazione di poca spontaneità. Questo invece non accade ed è grazie alla terribile interpretazione di A.J. van Drenth, la cui potenza e aggressività dietro al microfono fanno davvero paura. Il suo tono stentoreo non ammette repliche e indecisioni, dando così al sound dei Temple quella compattezza e unità d’intenti che all’opposto poteva venir meno.  

I trentotto minuti scarsi di “Structures In Chaos” non sono poi molti, ma sono talmente concentrati da fa sì che digerire tutto l’album in una botta sola sia roba da stomaci forti. L’incipit di “Rituals Of Marduk”, abbastanza maligno da mettere in chiaro che anche il black non è estraneo al disegno degli arancioni, dà il la a una song velocissima, ipnotica, smembrata dai fulminanti blast beats di Eric de Windt e dai riff scarificatori di A.J. van Drenth. “Higher Perfection” è l’ideale prosecuzione di uno stile scellerato, ricco di accordi bui e tenebrosi. Alcune decelerazioni ossianiche staccano letteralmente la testa, compreso il micidiale riff di chitarra che regge il break centrale della canzone. Le apnee da iper-velocità sono raggiunte con “The Algol Planet”, ‘impossibile’ tributo alla vertigine del brutal death metal spinto ai limiti dell’umano. Un po’ di fiato ma solo all’inizio, e giù di nuovo a testa bassa con “Cover Her In Blood” tanto rapida quanto tetra e glaciale: le accelerazioni di cui è capace l’infernale macchina ritmica Michiel Dekker/Eric de Windt sono spaventose nella loro precisione e prepotenza. La ‘doomosa’ strumentale “Dead Sun Festival” regala un po’ di pietà, ma solo per poco: di nuovo, il terzetto di Kampen massacra tutto e tutti con “Spiritual Development”. L’arcano organo di “Among Raven” apre un altro capitolo dedicato alla dissennatezza sonora, mentre le bieche dissonanze “Matagatsubi” sferzano un cielo plumbeo, dominato dai corvi. Sino ad arrivare allo sfascio totale: “Multiverse (Another Time And Space)”.   

Ottima tecnica, buona scrittura, discreta originalità. Assoluta devastazione. Totale annichilazione. Questi sono, in pochi aggettivi, i Temple e questo, parimenti, è “Structures In Chaos”.  
       
Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Rituals Of Marduk 5:07
2. Higher Perfection 4:21
3. The Algol Planet 4:09
4. Cover Her In Blood 3:52
5. Dead Sun Festival 2:54
6. Spiritual Development 3:11
7. Among Raven 3:38
8. Matagatsubi 5:01
9. Multiverse (Another Time And Space) 5:30     

Durata 38 min.

Formazione:
A.J. van Drenth – Chitarra, voce, campionamenti
Michiel Dekker – Basso
Eric de Windt – Batteria

Ospiti:
Marloes – Voce (Izegrim)
Stephan Gebedi – Voce (Thanatos, Hail Of Bullets)
Masae – Voce (Debt Of Nature)
Sonja – Voce (Dictated)
Sven – Voce (Dictated)

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