Recensione: Sub Semnul Lupului
Il rapporto che lega i popoli che oggi collochiamo geograficamente nell’area romeno-moldava e il lupo è quanto di più intimo e profondo si possa immaginare. Non a caso i Daci, antica popolazione indo-europea proveniente proprio da questa specifica zona dell’Europa dell’est, si autoproclamarono discendenti diretti del lupo che si unì all’ancestrale principessa dando origine alla stirpe. Una cultura che trova molti parallelismi con, ad esempio, il mondo nordico. Nota, e forse in parte errata, la similitudine con il Berserkr, guerriero della cultura norrena devoto ad Odino. Il paragone più corretto, in realtà, è quello con gli Úlfheðinn “casacche di lupo”, veri e propri combattenti la cui vita è indissolubilmente legata al veneratissimo canide. Venerato ed onorato in ogni angolo del vecchio continente, e non solo: il lupo rappresenta in molte culture l’animale simbolo della conoscenza, della fecondità, della forza e dello spirito combattivo. Anche in Italia la cultura popolare è ricca di riferimenti al lupo in quasi tutte le regioni; celeberrima, tanto per citare la più famosa, la nascita di Roma.
Il lupo porta con sé, quindi, millenni di storie, leggende e tradizioni ed è a lui che i romeni Syn Ze Sase Tri rendono omaggio con il nuovo “Sub Semnul Lupului” (sotto il segno del lupo). Un album incentrato e dedicato nella sua interezza ai miti e alle leggende dacie e transilvane. Una terra dal fascino irresistibile che per anni – se non secoli – ha ispirato centinaia di artisti di provenienze ed arti tanto differenti tra loro: dalla letteratura alla pittura, dalla musica al cinema, in molti sono rimasti folgorati dalla natura selvaggia, dal congenito mistero, dalla – alle volte – brutale tradizione popolare. Una terra magica sotto molti punti di vista musicalmente apprezzata grazie anche all’ottimo lavoro dei connazionali Negura Bunget. Proprio dai più famosi concittadini arriva la voce tagliente di Corb chiamato a dividere onere ed onore del microfono con il growl cavernoso di Lycan.
Proposta musicale che porta in sé diverse anime appartenenti al variegato mondo del Metal; Black sinfonico, Folk, Pagan, il tutto fuso in un’unica entità musicale tenuta in piedi da una produzione buona, ma non ottimale. Spesso, infatti, le parti di Lycan si perdono travolte dal martellante e travolgente drumming di Putrid. Un maggiore ‘pulizia’ delle frequenze per certi passaggi vocali e nelle linee dedicate agli strumenti tradizionali avrebbe sicuramente portato ad un risultato meno dispersivo, se non altro in termini di equilibrio sonoro.
Il disco è ad ogni modo pensato e suonato egregiamente dai Syn Ze Sase Tri anche se, dopo svariati ascolti, una strana sensazione di disagio mi ha pervaso. Potenzialmente il mix proposto dalla band avrebbe potuto deflagrare nel mondo musicale estremo come un a granata in barile pieno di benzina. Ma così non è stato, almeno per quanto mi riguarda.
Musicalmente e tecnicamente non c’è aspetto negativo imputabile al gruppo, quello che manca è il sussulto, il/i brano/i capace di rendere indimenticabile un album, di fissartelo nel cervello – e nel cuore – come un paletto di frassino conficcato in mezzo al petto. Questo a “Sub Semnul Lupului” manca, ed è una mancanza che pesa come un macigno sul giudizio complessivo del disco.
Se da un lato possiamo dire che il sound della band sia molto influenzato da gruppi come i Dimmu Borgir, dall’altro non troviamo nessuno spunto utile a farli differenziare da centinaia di band che ne simulano i suoni, senza un minimo di personalità, di originalità e di buon gusto. “Sub Semnul Lupului” è un album piatto, buio, da cui non filtra il benché minimo spiraglio di luce. Un album a cui si possono dedicare ascolti sporadici, sicuramente di qualità, ma nulla di più.
Il disco parte con i migliori presupposti: una intro accattivante, anche se un po’ inflazionata nell’uso della consueta voce narrante, capace di attirare l’attenzione nell’immediato anche perché seguita dal brano d’apertura “Sorocul” che da solo è capace di dare un’idea su quella che sarà la linea di condotta del combo romeno: grosso impatto vocale, sezione ritmica in costante fermento e virtuosismi continui ripartiti tra la sei corde di Corb e la parte prettamente sinfonica.
Il grosso problema di questo album è che gli devi prestare la massima attenzione senza concederti nemmeno un minuto di distrazione. Se non lo fai, magari sovra pensiero, rischi di arrivare tranquillamente alla quarta canzone “Legea străbunilor”, senza nemmeno accorgerti che sono passati dieci minuti dall’inizio del brano d’apertura. Qualche buon cambio di ritmo e il coro iniziale di “Sub Semnul Lupului” non sono sufficienti a riprendere il filo dell’attenzione smarrito chissà dove. Il disco prosegue senza nessun sussulto degno di nota se non qualche sporadico passaggio nelle seguenti “Sîmbăta apelor” o nel flauto di “Înaripat şi împietrit”. Poca cosa per un gruppo che di gavetta in campo internazionale deve farne ancora parecchia, se non altro in relazione alla messa in musica dei contenuti.
Ultimo doveroso appunto a margine della recensione: fantastico l’artwork e le foto promozionali della band con immagini – spesso in HDR e con elaborazioni piuttosto spinte – di qualità superiore che, a voler esser maligni, si potrebbero ricondurre ad una più attenta ricerca d’immagine che di contenuti. A me piace pensare che così non è, ma che sia solamente un errore di percorso. Resto in attesa di un nuovo capitolo in casa Syn Ze Sase Tri band che considero, con una innocente similitudine che spero mi concederete, come una Ferrari che corre con il freno a mano tirato.
Daniele Peluso
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TRACKLIST:
01. Sorocul
02. Născut în negură
03. Vatra strămoşească
04. Legea străbunilor
05. Sub semnul lupului
06. Sîmbăta apelor
07. Nemuritor şi veşnic
08. Înţeleptul întrupat
09. În pîntecul pămîntului
10. Pustnicul munţilor
11. Înaripat şi împietrit
12. Venirea