Recensione: Subjective Enemy
È il 1996 quando il cantante Andre Fischer, il chitarrista Sven Böge e il batterista Thorsten Thrunke decidono di dar vita, con l’aiuto di altri due musicisti, al progetto Ax’n Sex. Forte del successo ottenuto con il suo disco di esordio intitolato Victim Of Time, il gruppo inizia a raccogliere i primi consensi anche fuori dalla madre patria Germania e sceglie di indossare per l’occasione un nuovo monicker, Ivory Tower. Quello del nome non è però l’unico cambiamento: due membri lasciano la band e al loro posto subentrano il bassista Stephan Laschetzki e il tastierista Stephan Machon. Con questa nuova formazione viene composto il materiale contenuto negli album Ivory Tower (1998) e Beyond The Stars (2000), pubblicati grazie a un contratto stipulato con l’etichetta Limb Music Publishing un anno prima. È proprio questo secondo disco a dare ulteriore notorietà e a portare nuovi importanti cambiamenti per il quintetto tedesco, prima con corposo rinnovamento di lineup con l’abbandono di Laschetzki, Machon e di Thrunke per problemi personali, sostituiti dal bassista Torsten Nesch, dal tastierista Folke Fittkau e dal batterista Oliver Kukla.
Dopo aver reciso nel 2002 il contratto sottoscritto con la LMP, il gruppo inizia a lavorare alla pre-produzione del suo nuovo album che, secondo le intenzioni iniziali, avrebbe dovuto essere intitolato IT. Passano alcuni anni e sembra essere il 2006 l’anno dell’uscita ufficiale del nuovo disco, sotto Remedy Records; senonché alcuni nuovi problemi con l’etichetta fanno slittare di un paio di anni l’uscita del full-length, che avviene nel 2008 con alcune modifiche. Il nuovo lavoro degli Ivory Tower, che vedono ancora stravolta la loro formazione con l’ingresso di Heiner Risthaus alle tastiere, Stefan Ikert al basso e Flo Tabbert alla batteria, non ha più come titolo IT, ma Subjective Enemy, mentre cambiano anche alcuni nomi all’interno della sua tracklist.
IT, ovvero Subjective Enemy, è un album che parla di un uomo come tanti, dalla personalità divisa, nutrita dalla mancanza di affetto subita nella sua gioventù, che ha causato la nascita di odio, rabbia e malvagità, mentre l’indifferenza di sé e la mancanza di autocontrollo sembrano essere la culla di un lato maligno. Senza che il protagonista riesca nemmeno a rendersene conto, la sua vita inizia a essere dominata dalla sua arroganza, dal suo egoismo e da aggressività, al punto tale che gli amici si allontanano da lui, la sua ragazza lo abbandona. Il duro impatto con la realtà rende l’uomo conscio di quello che è diventato e tenta di sconfiggere questo suo lato oscuro, oramai diventato sempre più grande, potente e difficile da combattere, un lato oscuro chiamato “IT”.
L’ultimo album in ordine di tempo degli Ivory Tower è un disco dalla durata abbastanza impegnativa, 66 minuti, caratterizzato da una tracklist fin troppo lunga che, nelle sue diciassette tracce, contiene sì numerose buone idee ma risulta essere eccessivamente prolisso e dispersivo in alcuni frangenti. La prima parte del disco è forse quella più interessante, potente e accattivante al punto giusto da essere piacevole sin dal primo ascolto, con un grande uso di tastiere evidente sin dall’introduzione Listen! e dal successivo brano Warning, ricco di inserti sinfonici. Il ritmo delle canzoni è serrato e la successione delle prime tracce è travolgente e rapida, fortemente ritmata come nelle successive Access Denied e The Calling, abbellite da aperture melodiche alternate a partiture ritmiche più aggressive e incalzanti.
A partire dai breve brano successivo, Answers, iniziano a far capolino le brevi introduzioni che si alterneranno sistematicamente alle canzoni vere e proprie di Subjective Enemy, rallentando e diluendo in modo eccessivo il buon ritmo iniziale con cui il disco si presenta all’ascoltatore. Ed è in questo modo quindi che si susseguono Words, la ballad del disco, seguita dalla coppia intro-canzone di Rise–Subjective Enemy, un brano fortemente cadenzato che inizia a mettere in mostra il lato più progressive; lato questo che emerge in modo ancora più evidente con le successive Breakthrough – My World e che ricorda i primi Angra.
Una lunga introduzione strumentale porta in scena il brano Welcome To…, uno dei pezzi forse più cupi del disco, interessante soprattutto per via dell’intreccio tra le linee di cantato ossessive e sincopate e quelle strumentali, ricche di assoli di chitarra che fanno tuffare il brano nel fludo di synth psichedelico della coppia Nails – Construction Site, che si rivela poi essere una canzone ricca di aperture più melodiche alternate a riff di chitarra e linee di tastiera accattivanti.
Aware – Keys portano invece in scena una composizione fortemente aggressiva ed energica, dai suoni ampi e dominati dalle chitarre distorte che quasi seppelliscono in secondo piano la voce, in questo frangente eccessivamente bassa di volume, sebbene il risultato finale sia piacevole. Il disco si conclude con l’ultima coppia introduzione-canzone Fall – Awake, che rappresenta sicuramente la parte più elaborata del disco, con il suo minutaggio di undici minuti, ricco di cambi di tempo e di scena e che unisce in modo piacevole partiture abbastanza diverse tra loro.
Non si può dire in conclusione che Subjective Enemy sia un brutto disco: si tratta di un album che contiene al suo interno tante buone idee, unite però tra loro in un modo non ottimale. Se gli Ivory Tower fossero riusciti a fondere questo materiale in un modo meno prolisso e più scorrevole, si avrebbe tra le mani un album più che buono, da ascoltare con maggiore piacere.
Silvia “VentoGrigio” Graziola
Tracklist:
01. Listen! (00:55)
02. Warning (05:22)
03. Access Denied (06:52)
04. The Calling (06:13)
05. Answers (00:38)
06. Words (04:25)
07. Rise (00:28)
08. Subjective Enemy (05:11)
09. Breakthrough (00:13)
10. My World (06:51)
11. Welcome To (05:43)
12. Nails (01:48)
13. Construction Site (04:02)
14. Aware (00:45)
15. Keys (04:51)
16. Fall (00:47)
17. Awake (11:06)
Lineup:
Andre Fischer: voce
Sven Böge: chitarre
Stefan Ikert: basso
Heiner Risthaus: tastiere
Flo Tabbert: batteria