Recensione: Submission

Di Stefano Ricetti - 20 Novembre 2016 - 12:30
Submission
Band: Rod Sacred
Etichetta:
Genere:
Anno: 2016
Nazione:
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77

Se iniziare a suonare heavy metal in Italia era già di per sé un’iniziativa titanica, farlo in Sardegna costituiva un’impresa improba. Nonostante le migliaia di difficoltà sia ambientali che logistiche, Franco Onnis, nel 1983, getta il seme per costituire una band HM. Finalmente, dopo aver reclutato negli anni gli altri compagni di avventura e avendo provato duramente, nel dicembre del 1989 il sogno si avvera: il disco dal titolo provvisorio di “…Look what I’ve Got” uscirà per la Metal News. Come cover era prevista una foto dei Rod Sacred ma, come spesso accade nella vita, per raggiungere un sogno si impiegano degli anni e poi, per realizzarlo, bisogna decidere e aver tutto pronto in due minuti! Più o meno è andata così anche per questo Lp: l’etichetta premeva per farlo uscire sotto Natale e i Nostri hanno dovuto ripiegare per l’inusuale copertina che vedete riprodotta, con una specie di Dio pagano munito di Flying V seduto su un trono.

Poco male, i quattro Rod Sacred riescono a realizzare il proprio obiettivo su vinile, con l’omonimo disco uscito lo stesso anno della scomparsa del chitarrista originario della band Paolo Bonilli in un incidente stradale (R.i.p.). Il lavoro si compone di nove pezzi di heavy metal classico, figlio di Riot, Scorpions e Unreal Terror. La line-up, oltre a Franco, schiera: Antonio Deriu alla voce, Giorgio (Joe) Del Rio alla batteria e Martino Vargiu alla chitarra. Si passa dalle possenti The Mistery of Quid e The Enter a brani più ariosi come Crazy for You e Dreaming. Non risultando un mostro di originalità, questo disco comunque ha fatto storia, premiando la passione infinita di gente come i Rod Sacred che, oltre a parecchie date in Italia, vantano anche un tour in Germania nei primi anni Novanta.

 

Quanto scritto sopra riporta alla mia recensione dell’omonimo trentatré giri dei Rod Sacred (qui intervista alla band del 2009 e di seguito quella del 2014) targato 1989 apparsa all’interno delle quattro puntate cartacee sulla storia dell’HM italiano pubblicate lungo le colonne della rivista Metal Maniac a cavallo fra il 2006 e il 2007.

Oltre cinque lustri sono passati, oggidì, dal debutto degli isolani che, fra una difficoltà e l’altra, inframezzata da momenti di pausa lunghissimi, rimescolamenti nella line-up ma anche segnati dall’uscita del secondogenito Sucker of Souls  (1997) non hanno però mai mollato il Credo, portando avanti la Fede sotto forme e moniker diversi. Poi, evidentemente, il “marchio” Rod Sacred ha avuto la meglio su tutto e tutti ed eccoci qua a raccontare le gesta artistiche di cinque metaller sardi (Franco Onnis – basso, Antonio Deriu – voce, Andrea Atzeni – batteria, Giuseppe “Peppo” Eriu – chitarra e Luca Mameli – chitarra) incarnate nei solchi di Submission, questo il titolo dell’ultimo loro lavoro disponibile sul mercato sotto Pure Underground Records. L’album contiene sette pezzi nuovi di zecca seguiti dai nove già editi su Rod Sacred del 1989 che, finalmente, possono essere fruiti in maniera ufficiale da tutti coloro i quali non siano in possesso del materiale originario. Ad accompagnare l’uscita un booklet di dodici pagine con i testi di tutte le canzoni e le due centrali ad appannaggio di foto professionali della band. Coraggiosa e controcorrente la scelta, da parte di Franco Onnis & Co. di riproporre per il nuovo nato in quel della Sardegna meridionale esattamente la stessa copertina del disco di debutto. Questo a significare attaccamento alle origini, prosecuzione di intenti ma soprattutto l’orgoglio di fregarsene delle mode che anche in molti ambiti hard’n’heavy pretendono cover ultra-lavorate tutte perfettine, in alcuni casi figlie di studi di design all’avanguardia. Nel caso dei “Rods”, invece, il famigerato “Lord of Black” è ancora lì a campeggiare, forte della sua foggia demodé, con solamente la scritta Submission dai caratteri gotici a battezzarne il trono.

Musicalmente, a partire dalla title track posta in apertura sino ad arrivare a Radio, brano numero sette a chiudere i pezzi inediti, i Rod Sacred dimostrano di non aver perso nemmeno un grammo di attitudine, sebbene di acqua lungo il Golfo degli Angeli ne sia stata “rimescolata” parecchia, dai tempi degli esordi. A differenza di altri colleghi italici, che con gli anni hanno ammorbidito l’approccio, i cagliaritani nonostante qualche capello in meno e i restanti inesorabilmente insinuati da tonalità cromatiche brizzolate picchiano duro oggi come nel 1989. Ovviamente secondo i propri dettami e il proprio stile. L’attacco di Submission, la title track, seppure senza scomodare velocità siderali punta dritto al cuore del Metallo incandescente che ha fatto la storia di questa musica immortale. Notevole il feeling sprigionato da Stop Fears, pezzo introspettivo di classe d’altri tempi con incorporata una cifra emotiva elevata che va a segnare l’highlight di Submission, per lo scriba. Inossidabili allo scorrere del tempo le trame di Rod Sacred, brano numero cinque, classico fra i classici e, proprio per questo, l’archetipo della canzone che molti colleghi dei ‘Sacred oggi si rifiuterebbero  anche solo di pensare di scrivere, in nome di un’evoluzione… tutta da verificare, poi! A chiudere, l’ariosa A Strange Life dalle reminiscenze Scorpions e i cori hard’n’HM contenuti nella conclusiva Radio.            

Beni torraus!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti              

 

 

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