Recensione: Suffering Within
Più azzeccata che mai l’etichetta che la band si attribuisce: Brutalcore!!! La parentela del suono della band con il brutal è evidente anche al più inesperto degli ascoltatori (anche nel cantato a mio avviso ispiratissimo a tratti dal Barnes di The Bleeding), ma anche la matrice core non viene certo celata. Gli Undertakers prendono spunto da tutti i grandi nomi del death metal, e miscelano il tutto con un tocco davvero personale. Così è possibile sentire richiami ai Napalm Death di “Fear, Emptyness, Despair” nella bellissima “Inquisition”, senza per questo pensare necessariamente ad una clone-band.
La carica hardcorer trova evidente modo di esprimersi in “Human Decline” che passa sia attraverso momenti molto tirati sia attraverso una sorta di ritornello molto catchy… La notevole dote tecnica della band nostrana viene totalmente asservita alla perfetta riuscita di ogni brano, dove difficilmente troverete sfoggi di tecnica fini a sè stessi. Quelli che ne esce è un buon album molto tirato dove saltuari rallentamenti danno il colpo di grazia finale (come nel monolitico inizio di “Eternal Punishment”).
Oltre a quello già citato, non mancano altri richiami ai Napalm Death, come nella veloce “Pathological Maniac” o nel cantato stesso. E sempre in questa canzone un paio di stacchi ci danno la conferma si come si possa suonare qualcosa chiamato brutalcore. Se poi dovessimo citare altri elementi distintivi di questo album, non ci dovremmo dimenticare il suono, in particolar modo quello delle chitarre, che pur rimanendo un po’ penalizzato come compressione, riesce ad apparire molto pieno.
In un totale di 8 tracce c’è da sentire veramente di tutto: da sperimentazioni come nella traccia conclusiva, a episodi non brillantissimi come “Killing Machine”, a brani classicamente brutal come “Beyond The Dreams”, fino a semi-capolavori come “Immortal Invocation”. Non c’è nient’altro da aggiungere; un lavoro made in Italy del quale possiamo andare totalmente fieri.
Matteo Bovio