Recensione: Sulphur
Dopo appena un anno dal precedente full-length Alea Iacta Est, ecco tornare gli Infection Code, con la loro nona fatica in studio dal titolo Sulphur, uscito per l’etichetta discografica italiana Time to Kill Records il 17 novembre 2023.
La band alessandrina in attività da oltre vent’anni, è uno dei nomi storici del nostro underground, dal quale purtroppo non riescono ancora ad emergere nonostante i quasi ormai dieci album realizzati.
Tanti i generi e le influenze che possiamo ritrovare nella loro ampia discografia, varia e variabile come la lineup della band stessa, cambiata numerose volte negli anni e che ora vede tra le sue fila: il nuovo chitarrista Chris Perosino, che si è occupato anche di registrare le parti di basso (affidate poi ufficialmente al nuovo bassista Andrea Rasore), dietro le pelli Ricky Porzio ed al microfono Gabriele Oltracqua, la cui voce dal timbro mutevole e sempre riconoscibile è il marchio di fabbrica imprescindibile dei nostri.
Negli ultimi anni il sound degli Infection Code è diventato molto più crudo, diretto e oscuro rispetto agli esordi, con evidenti influenze thrash e death metal vecchio stile, senza però mai dimenticare le loro radici industrial e incorporando spesso elementi elettronici negli arrangiamenti.
Questo loro nuovo corso lo ritroviamo completamente in Sulphur, album che, personalmente, ho apprezzato moltissimo sin dl primo ascolto. 9 canzoni per un totale di 51 minuti di puro godimento, date retta alla sottoscritta: se vi piacciono i riff tiratissimi, un groove trascinante e il growl cavernoso, al limite dello scream a volte, sempre intellegibile, questo è l’album che fa per voi.
Una produzione direi pressoché perfetta, grazie alla presenza e al supporto della nuova etichetta, Time To Kill Records, che si sente eccome: dagli arrangiamenti di basso e chitarra curati nei minimi dettagli, alla batteria precisamente groovy e mai banale, alle linee vocali di un Gabriele che in questo lavoro supera ogni aspettativa, qualora ce ne fosse bisogno, dimostrando nuovamente di essere uno dei migliori frontman in circolazione e vi consiglio di vedere gli Infection Code dal vivo per averne la conferma.
Tantissimi i concerti che i nostri han fatto nel corso degli anni, qui da noi e Oltralpe e alcune date tra febbraio e giugno 2024 son già previste, a supporto della promozione di questo nono album in studio che merita tutti gli onori di casa, non mancate di dare il vostro supporto, mi raccomando.
Tutti i brani di Sulphur si ascoltano e riascoltano che è un piacere, davvero, credo di averlo ascoltano una decina di volte di seguito per fare poi questa recensione con cognizione di causa, senza intoppo alcuno e soprattutto, senza annoiarmi mai.
Non c’è un brano che sia uno che non mi è piaciuto, a partire dalla micidiale apertura di Maze Of Death seguita da The Colour Out of Space, entrambe cavalcate epiche che sanno molto di Amon Amarth, ma in tutto e per tutto in stile Infection Code: potenti, angoscianti, quasi ipnotiche e claustrofobiche le grida di Gabriele, egregiamente supportate da una sezione ritmica impeccabile.
Personalmente ho apprezzato particolarmente Evil Side Of Mercy, Deleted Error e Protoplasm Hope, vere e proprie mazzate in stile thrash/death, dove i nostri danno dimostrazione di aver alzato ulteriormente l’asticella nella loro produzione discografica.
In Something Wicked This Way Comes le urla di Gabriele sono magistrali, violente, potenti ed emozionanti allo stesso tempo, nel raccontarci una storia in cui il tempo si prende gioco della vita, nello scorrere a suo piacimento e contro la nostra volontà.
Menzione particolare per la conclusiva Lurking Creepy Love, un’oscura semi ballata, molto intensa e certamente singolare, dove l’inquietudine abbraccia un amore, malato, tossico.
La tracklist include anche una cover, Blinded By Fear degli At The Gates, cosa che personalmente non concepisco; posso capire il desiderio di omaggiare una band storica eseguendo una cover in sede live, ma non capisco l’inserirla in un proprio album. Comunque, ottima versione, difficilmente mi soffermo sull’ascoltare una cover, ho come un’idiosincrasia istantanea a prescindere, ma in questo caso non è stato così, bravi nel renderla propria e personale, pur non snaturando l’originale.
Dal punto di vista dei testi, l’album è basato su alcuni romanzi di fantascienza e horror di Howard P. Lovecraft, Philip K. Dick, Ben Bova, Ray Bradbury, Dan Simmons e Valerio Evangelisti, ma anche su storie usate come allegorie per introdurre riflessioni personali sul declino della civiltà umana.
Per gli amanti del death/thrash tecnico, che colpisce subito la mente, ma anche il cuore ad un ascolto più attento e una lettura dei testi approfondita, sarà difficile togliere Sulphur dal lettore per molto tempo, provare per credere.
Titolo dell’album che identifica artisticamente quello che sono gli Infection Code oggi: un elemento ambivalente di color giallo intenso, definito l’oro del diavolo, inodore che solo legato all’idrogeno puzza di morte, eppure conosciamo tutti i suoi innumerevoli usi anche nella cosmesi ed è essenziale per tutti gli esseri viventi.
Sulphur è stato registrato, mixato e masterizzato, come il precedente album, al The Cat’s Cage Recording Studio da Francesco Salvadeo.
L’artwork e la copertina, evocativi e ben rappresentati i contenuti dell’album, sono stati realizzati da Simone Strige di STRX Art.
Mi auguro davvero che questa ennesima prova di valore degli Infection Code li trascini definitivamente fuori dalle profondità dell’underground e li catapulti direttamente tra i primi posti della scena metal italiana che tanto ancora ha da offrire in termini di qualità e dove loro certo meritano di stare.
Vista la prolificità dei nostri negli ultimi anni e la forte ispirazione che li accompagna, sono certa che non tarderanno molto a raggiungere l’ambita soglia dei dieci album in carriera e noi di TrueMetal.it saremo di nuovo qui felici di poter parlare ancora di Gabriele Oltracqua e dei suoi Infection Code.