Recensione: Sun God
Quando prendi un mano un promo e vedi che nella formazione c’è gente nel cui curriculum spiccano nomi quali Fortíð, ICS Vortex, Leprous, Borknagar, Gaahls Wyrd, puoi già intuire che potrà pure non piacerti, ma sicuro ascolterai qualcosa di qualità. È il caso dei norvegesi Paracrona, qui all’esordio discografico con “Sun God”.
Autori di un symphonic black intriso di attitudine e spunti avantgarde (nell’espressione più ampia e meno vincolante del termine…), producono un disco davvero impegnativo date le varie architetture compositive che sorreggono questa oretta scarsa di musica. Il disco è gelido, ben suonato e coerente, visto nel senso dell’identità che riesce a regalare. Non esiste una mezza idea fuori posto. Ogni brano dei nove presenti in tracklist suona ‘Paracrona‘ ovvero corposo, freddi e senza tanti fronzoli. Il tutto sostenuto da un flavour quasi heavy/gothic che lo rende decisamente catchy. Punto forte: i tratti arpeggiati e le atmosfere generate. Brano top (e pure più rappresentativo dell’intero lotto): ‘Mendacious‘. Punto debole: le sezioni vocali femminili che fatico a percepire integrati nel tessuto compositivo. Le ho trovate proprio superfule e fuori luogo.
Sono presenti anche alcune sezioni soliste, ma si limitano a tessere un qualcosa che esca temporaneamente dalla struttura del brano piuttosto che lasciare un segno per originalità. Ben due poi le batterie dietro le quali siedono Laszlo Juhos (già alle pelli nei live coi Trollfest) e Baard Kolstad dei connazionali Leprous.
Nel complesso ho trovato “Sun God” molto ordinario, ben suonato (e su questo non c’è nulla da dire) e accuratamente prodotto. Non ci si deve aspettare nulla di nuovo o particolarmente pulsante di innovazione: solo del black/avantgarde ben suonato.