Recensione: Sun of the Serpents Tongue

Di Daniele D'Adamo - 25 Aprile 2016 - 0:01
Sun of the Serpents Tongue
Band: Ides
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2016
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
55

Gli Ides sono un misterioso progetto di doom metal proveniente dall’Olanda. Misterioso nel senso che scarseggiano così tanto le note biografiche su di essi che, a partire dai due componenti, HTP, voce, e ACW, strumenti, ben poco si sa, in merito alla loro attività musicale.

Ciò che è noto è invece che “Sun of the Serpents Tongue”, il cui artwork è stato disegnato dal connazionale Arco Wolf (Phlebotomized, Eternal Solstice, Dead End) e che esce oggi 25 aprile 2016 per la Vic Records, è il loro debut-album, susseguente all’EP “A Forgotten Farewell”, del 2015.

Il duo olandese pratica doom duro, basato cioè sull’ortodossia risalente ai primi anni ’90, quando imperavano gente come Paradise Lost, Winter, Hooded Menace e My Dying Bride. In grado, cioè, di trarre dal death metal primigenio (ora old school death metal) le sonorità di base su cui elaborare i lentissimi riff tipici, invece, del doom.

Ed è proprio l’assenza di velocità a essere la caratteristica peculiare di “Sun of the Serpents Tongue”, suddiviso in sei lunghissime song di cui almeno tre suite dall’andamento blando, oscuro, sinuoso (‘Erosion’, ‘The Ever Falling’ e ‘Survivors of the Revolution’). Musica introspettiva, lugubre e profonda, alimentata – a volte – da arcani cori di voci femminili, rabbrividenti sia nella loro dimensione non-umana, sia nella loro glacialità. Musica costruita amplificando di volta in volta una singola idea a far da fondamenta, per poi allungarla smisuratamente nelle tre dimensioni spaziali e in quella temporale.

Ben distinto il basso, specie di semiterno rombo di sottofondo, a completamento dell’elementare riffing della sei corde e dal monotono battito del drumming. Il tutto, sovrastato dall’altrettanto monotono growling di HTP, vera spina nel fianco di chi ascolta. Un sound scarno, semplice, ripetitivo, quindi. Discretamente visionario per via dei ridetti inserti ambient, ma troppo lineare e scontato per distogliere la mente da una sensazione di sonno opprimente.

Forse è proprio l’atonia della voce di HTP a rovinare tutto, ma davvero è impossibile trovare qualcosa d’interessante, in “Sun of the Serpents Tongue”. I brani si susseguono con una continuità stilistica decente, ma sono troppo simili fra loro per alimentare un po’ d’interesse in chi ascolta. È come se nel platter ci fossero non più di mezza dozzina di spunti indovinati che, per norma, dovrebbero essere compresi in un solo, massimo due, episodi. Invece che, come accade, essere diluiti in oltre un’ora di declamazioni varie e convulsioni ritmiche della drum-machine.

La pensata di partenza non è da buttar via: il suono di “Sun of the Serpents Tongue” è malato e morboso al punto giusto, ed è anche foriero di brividi gelati sulla schiena, in talune occasioni (‘The Ever Falling’). Tuttavia, è l’insieme a non decollare e a rendere gli Ides un progetto fra i tanti che popolano, nell’ombra, l’underground più buio e nascosto.

Daniele D’Adamo

Ultimi album di Ides