Recensione: Sunless Skies
Attesissimo ritorno quello dei Pathosray. La band tricolore, dopo una
manciata di anni passati nell’underground e due demo pubblicati, arriva
finalmente al full-length di debutto nel 2007 con l’omonimo disco che riceve
consensi dalla stragrande maggioranza degli addetti ai lavori. A seguire ci sono
una serie di date, sia italiane che estere (con la partecipazione al ProgPower Europe Festival), per promuovere il disco d’esordio, fino ad arrivare
alla pubblicazione di Sunless Skies, il secondo studio album ufficiale uscito da
poco per la prestigiosa Frontiers Records.
Se con l’ottimo disco d’esordio la band ci aveva messo di fronte a pezzi più
aggressivi e capaci di mettere in bella mostra l’elevato tasso
tecnico dei singoli elementi, con Sunless Skies c’è un piccolo cambio di rotta
che, a parere di chi scrive, vale come un netto passo in avanti: in questo caso
le partiture si fanno decisamente più semplici, senza comunque tralasciare tutte
quelle che sono le capacità esecutive dei musicisti coinvolti. Infatti la forza
di questo nuovo lavoro dei Pathosray sta sopratutto in pezzi di
forte impatto e di facile assimilazione, dove a mettersi in primo piano è una
componente melodica decisamente azzeccata, la quale si fonde perfettamente con
un riffing più duro e cambi di tempi improvvisi che già caratterizzavano il
lavoro precedente.
Si parte con la furiosa Crown Of Thorns, pezzo che si erge come un
colosso su partiture più
aggressive e coordinate stilistiche nettamente power-prog, dove le luci dei
riflettori sono puntate principalmente sulle strabilianti abilità vocali del singer Marco Sandron, accompagnato egregiamente da una sezione ritmica precisa al millimetro.
Sulla stessa linea anche la successiva Behind The Shadows, anch’essa
basata
sopratutto sul perfetto equilibrio fra potenza sonora e melodie di facile
memorizzazione, mentre già con l’arrivo di Aurora la band comincia a mettere in
mostra il suo lato più raffinato che troveremo anche in Quantic Enigma, quest’ultima
caratterizzata dai vari cambi di tempo e di umore che si alternano
continuamente al suo interno. La restante sezione di tracklist continua a
mantenersi su livelli decisamente alti, con picchi qualitativi riscontrabili
sopratutto in pezzi come la coinvolgente Sons Of The Sunless Sky (dotata di un
refrain da brividi e che si stampa in mente nell’immediato) e la splendida
The Coldest Lullaby (highlight assoluto del disco insieme all’opener), traccia che vede la bella
Klaaire (Syrayde) a dividersi il microfono con Marco. A chiudere il disco (nel
migliore dei modi) ci pensano la furiosa e più “power-oriented” Poltergeist e la
delicatezza di For The Last Time, brano che scorre lento ed elegante su di un
tappeto sonoro ricreato da chitarre acustiche e delicati rintocchi di
pianoforte.
Molte luci e poche, pochissime ombre in questo secondo lavoro dei Pathosray.
La band, nonostante gli elogi ricevuti con la release precedente, ha preferito
non ripetersi, mettendoci di fronte a composizioni meno aggressive e più
ragionate, ma che comunque confermano in pieno tutte quelle che sono le ottime doti compositive ed esecutive del combo friulano.
Insomma, nient’altro che l’ennesima dimostrazione di quello che è l’ottimo stato
di forma della scena musicale tricolore.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
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Tracklist:
01 Crown Of Thorns
02 Behind The Shadows
03 Aurora
04 Quantic Enigma
05 In Your Arms
06 Sons Of The Sunless Sky
07 The Coldest Lullaby
08 Perpetual Eclipse
09 Poltergeist
10 For The Last Time