Recensione: Sunraven

Di Stefano Usardi - 16 Ottobre 2024 - 10:00
Sunraven
Band: Grand Magus
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Heavy 
Anno: 2024
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
76

Sunraven”, in uscita tra un paio di giorni, è il titolo della decima fatica degli svedesi Grand Magus e arriva a cinque anni dal buon “Wolf God”. Dopo le riscoperte blueseggianti del recente passato (che comunque tornano a farsi sentire anche qui, sotto la superficie) i nostri si ributtano sull’epica diretta e strabordante, confezionando un concept album sulle figure di Beowulf e Grendel e rientrando nei territori dell’enfasi classicamente heavy, che avanza dritto per dritto fregandosene di concetti come innovazione o aggiornamento. I Grand Magus sono questo, prendere o lasciare, sembrano gridare a pieni polmoni i trentasei minuti e spicci di cui si compone “Sunraven”: mezz’ora abbondante del tradizionalissimo e viscerale heavy metal da cui il terzetto svedese non si allontana mai troppo, plasmato a forza da una sezione ritmica compatta e muscolare, un basso pulsante e riff pieni, cafoni. Il tutto ottimamente avvolto da una produzione grossa ma che lascia respirare ogni strumento, donando a “Sunraven” una bella pienezza sonora, l’ideale per tessere melodie potenti e piene e sostenere l’inconfondibile vocione di JB. I pezzi, come da tradizione Grand Magus, sono appaganti e ben fatti, carichi di feeling e capaci di toccare le corde giuste per fomentare gli animi, ma devo ammettere che durante l’ascolto si è fatto largo, in qualche occasione, un diffuso sentore di prevedibilità e manierismo, come se il puntare su strutture semplici e minimali e riff da manuale del metallo abbia reso qualche canzone un po’ troppo generica.

Questo, ovviamente, non impedisce ai nostri di mettere la proverbiale pezza farcendo “Sunraven” con vagonate della loro attitudine torrenziale e genuina e qualche bel tocco di classe, riuscendo in più a piazzare due o tre colpacci di cui uno giusto in apertura: “Skybound” deflagra infatti in un attimo, con chitarrone imponenti e melodie eroiche che fanno terra bruciata tutto intorno. Ogni cosa è al posto giusto, cotta a puntino e dotata della cafonaggine a cui i nostri ci hanno abituato. Il trionfalismo spinto prosegue con la scandita e minacciosa “The Wheel of Pain”, una marcia quadratissima che incede con passi pesanti su un tappeto di riff cupi, pronti a tingersi di eroismo sotto la guida di JB. La title track alza vagamente i ritmi, beneficiando di un’impostazione sbruffona pur mantenendo un andamento heavy rock abbastanza massiccio, mentre l’arpeggio inquieto di “Winter Storms” introduce un pezzo più serpeggiante e guardingo, seppur ancora smaccatamente rock, che diventa smargiasso nei suoi sporadici ispessimenti e quasi sensuale nel breve assolo. Anche la successiva “The Black Lake” viene introdotta da un giro di chitarra sommesso, circospetto, dal retrogusto quasi western, che in breve esplode in una melodia assai più rombante. L’andamento si mantiene scandito, per certi versi inesorabile, punteggiato da sporadici alleggerimenti meno tempestosi, per poi tornare all’arpeggio dimesso che aveva aperto le danze. Il tuono che apre “Hour of the Wolf” sembra avvertirci che è giunto il momento di galoppare. In effetti la canzone, dopo un inizio incombente, si sviluppa su velocità relativamente spedite, marcate strette da rallentamenti più densi e dall’umore vagamente solenne durante il ritornello. Una chitarra nuovamente in odor di heavy rock massiccio e trionfale apre “Grendel”, pezzo roccioso e strafottente che si candida, grazie al ritornello pieno e sfacciato e l’andamento indomito, al ruolo di secondo colpaccio dell’album subito dopo l’opener. “To Heorot” impenna l’enfasi drammatica con un piglio solenne e marziale, sviluppandosi come una marcia trionfale e battagliera coronata da un assolo dal retrogusto vagamente esotico e bissata dalla conclusiva “The End Belongs to You”. Qui il trio gioca su un ritmo insistito e nuovamente heavy rock, quadrato e bellicoso, che si stempera nella sezione solista più dilatata e vagamente sognante poco prima del finale nuovamente possente.

Al termine di ripetuti ascolti confermo il mio pollice alto: nonostante qualche passaggio un po’ troppo convenzionale, “Sunraven” è il classico concentrato di metallo cafone e rombante in salsa nordica, dispensato a piene mani da gente appassionata e abituata a fare solo ciò che le piace. Certo, non sperate di trovare qualcosa di vagamente originale o innovativo, qui dentro: in fondo, come scrivevo poco fa, i Grand Magus sono questo, prendere o lasciare. Beh, io anche stavolta prendo.

Ultimi album di Grand Magus

Band: Grand Magus
Genere: Heavy 
Anno: 2024
76
Band: Grand Magus
Genere: Heavy 
Anno: 2019
77
Band: Grand Magus
Genere: Heavy 
Anno: 2016
80
Band: Grand Magus
Genere:
Anno: 2012
75