Recensione: Sunwind Sails

Di Susanna Zandonà - 25 Gennaio 2023 - 21:22
Sunwind Sails
Band: Big City
Etichetta:
Genere: Hard Rock  Heavy 
Anno: 2023
Nazione:
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76

I Big City propongono per il loro quarto album un viaggio interspaziale a bordo della “Sunwind Sails”, una sorta di contemporanea caravella “spaziale” dotata di stabilizzatore verticale a manico di chitarra, che vi ricorderà imprecisamente le mastodontiche astronavi di classe Emperior del gioco Warhammer 40.000.

Un connubio vintage/futuristico sempre ben consolidato nella tradizione heavy metal, qui citata nei riff di “Silver Line”, “Sons of Desire” o “Human Mind”. Chiaro esempio di come dalle chitarre del norvegese Daniel Olaisen, sfoci puro acciaio liquido pronto solo per essere forgiato.
Anche se – a dirla proprio tutta – dagli anni ’90 in poi, il chitarrista e fondatore della band ha inciso ben 26 album con i più svariati gruppi: dai Blood Red Throne, ai Satyricon fino agli Scariot (band in cui ha reclutato anche il chitarrista ritmico Frank Ørland, qui presente). Quindi, come potrete evincere, di esperienze e sonorità differenti, ne ha incanalate parecchie: dal black al progressive, qui spesso citato, anche – e volentieri – nella lungaggine delle tracce che si attesta attorno ai 5 minuti.

Nonostante però qualche passaggio ritmicamente più martellante, grazie al lavoro di Frank Nordeng Røe (Withem, Maraton) alla batteria, che va a dare consistenza al nostro metallo (da ascoltarsi “Collin’s Looking for a Hideout”) si può dire che in linea generale, i brani presenti in album viaggino a un velocità lievemente ridotta e seguano una linea marcatamente melodica, già evidenziata negli album passati.
Ritornando in ambito navale, potremmo dire che ci attestiamo sui 18 nodi o “knots” per i lettori esteri. Per i pignoli siamo a circa 33.4 km orari, che per la precisione è la velocità di crociera, quella studiata per avere le migliori condizioni in termini di efficientamento energetico.

In effetti, come vi anticipavo prima, la nostra Emperior è parecchio ingombrante e va gestita con parsimonia.
Il cantante Jørgen Bergersen, grazie all’ incredibile flessibilità vocale, riesce però perfettamente in veste di capitano, anzi, sembra proprio che la divisa gli sia direttamente stata cucita addosso, complice il fatto di essere per molti anni stato il frontman del tributo europeo agli Europe (scusate il gioco di parole) “Rock The Night”.
La nave sembra solcare leggiadra le onde sonore di un groove persuasivo, complice l’ottimo lavoro al basso di Miguel Pereira e il sicuro inserimento di armonie piacenti.
Mantenendo sempre un’ ottima organicità d’ascolto che lo rendono a tratti, un gradevole fondo ambient.

Un seguito piuttosto interessante soprattutto paragonato al più frenato “Testify X”, che riesce a suscitare una certa curiosità nei confronti di qualche nuovo mondo, forse già esplorato, ma in parte semi-dimenticato. Vale certamente la pena di farsi dare un passaggio.

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