Recensione: Super Human
I Campioni del metalcore danese, i Siamese, inanellano il nuovo album su un dito che contiene altri quattro full-length, tutti in sequenza sin dall’inizio della vita della band, 2010, scevra da altre produzioni intermedie.
“Super Human”, il nome del quinto pargolo, è la conferma evidente di una formazione che in nove anni ha saputo alzare via via l’asticella che, in questo caso, rappresenta il valore tecnico-artistico che va osservato nella sua interezza. Prima ancora di addentrarsi nelle canzoni del disco, quindi, si sa già che il prodotto sarà di buon se non ottimo livello, inteso quest’ultimo come contenitore raggruppante le tante sfaccettature possedute da un’opera musicale.
I Siamese richiamano, come stile, il metalcore, anche se, a onor del vero, si dovrebbe più propriamente discutere di crossover. Fra il metalcore, appunto, e altri generi avulsi dal contesto metallico quali pop e R’n’B. Per un risultato che regala a chi ascolta un qualcosa di diverso dal solito, di quasi unico se non, addirittura, unico nel suo genere.
È chiaro, gli stilemi di base dei generi *-core ci sono tutti, come dimostrano i duri stop’n’go dell’opener-track ‘B.A.N.A.N.A.S.’, song piuttosto recalcitrante che, tuttavia, regala uno stupendo ritornello, ideale per acchiappare al volo l’attenzione. Non si tratta di un vero e proprio approccio easy listening poiché, come più su accennato, al combo di Copenhagen prudono le mani e quindi le utilizzano per sfogare l’aggressività insita nel proprio DNA. Circostanza che non esime certamente lo sviluppo di song accattivanti, ricche di emotività come nella migliore tradizione metalcore, a volte dal mood un po’ triste e malinconico, come accade nella successiva ‘Ocean Bed’.
Oceano, non a caso. Ispiratore delle più coinvolgenti song di act straordinari, come per esempio i britannici Devil Sold His Soul. Compaiono pertanto notevoli intromissioni ambient (‘Super Human feat. Olivio’), in taluni casi confluenti in vere e proprie orchestrazioni, contrapposte – come in una perenne antitesi – a ritmi per nulla fiacchi o svogliati. Al contrario, la forza motrice dei Nostri, individuabile nel drumming possente e gagliardo di Joakim Stilling, pare non avere mai fine. Forse è la giovane età dei musicisti, forse è il loro cuore, forse è la loro anima ma, in tutti brani, cozzano fra loro i trasognanti refrain che non si dimenticheranno per un pezzo e le possenti battute di rullante e cassa.
A questo punto, come si può intuire dalla disanima soprastante, non si può che esaltare la grande classe compositiva dei quattro ragazzi nordeuropei. Classe in grado di consentir loro di elaborare tracce tecnicamente perfette, irreprensibilmente professionali, degne di musicisti dalla scafata esperienza. Tuttavia, ciò che emerge è la composizione vera e propria. Questa sì, appunto, di livello sopra la media, capace di tirar fuori dal cappello melodie straordinarie come quella che rende ‘You’re Not Alone’ un brano dai contorni leggendari, sfumati nella tinteggiatura di colori dalla tonalità pastello. Ideali per materializzare in un dipinto le armonie inventate lungo l’arco del CD. Arco pure esso praticamente perfetto, senza buchi né scalfitture, anzi dipinto senza soluzione di continuità dalla bravura a tutto tondo dei Siamese.
Super Human”, allora, è l’ideale fermacarte per trattenere quei sentimenti, quelle melodie, quei cori, quelle armonie che rendono il metalcore una delle migliori fattispecie di metal, almeno a parere di chi scrive. Ideale esempio da mostrare sia ai fan del genere, sia a chi osserva il genere stesso con occhio prevenuto.
I Siamese, del resto, definizioni e relative farneticazioni a parte, fanno metal. Avanzato, moderno, caleidoscopico ma, alla fine, metal.
Daniele “dani66” D’Adamo