Recensione: Supersonicspeedfreaks
La prima cosa che colpisce accostandosi al nuovo album dei Witche’s Brew è di sicuro il titolo: un vero e proprio scioglilingua, una sequela di sibilanti allitterazioni che basta da sola a stimolare la curiosità. Ma chi sono questi ragazzi? La loro storia inizia nel 2008, quando i due Mirko della band decidono di avviare una collaborazione per creare un trio in cui fondere le sonorità tipiche degli anni ’70 con i suoni più aggressivi originatesi nei decenni successivi. Due nomi su tutti per farvi capire cosa viene gettato e mescolato nel calderone della strega: Black Sabbath e Uriah Heep. Il risultato è uno stoner rock decisamente oscuro, screziato qua e la da venature progressive e caratterizzato da una produzione molto vecchio stile, un retrogusto vintage che, di certo, fa subito capire in che direzione hanno intenzione di muoversi i Witche’s Brew.
Rispetto al precedente disco, la formazione attuale della band ha visto un avvicendamento dietro le pelli, con la sostituzione di Jos Solci da parte di Frankie Brando. Foltissimo il gruppo degli artisti che hanno deciso di dare una mano al quartetto per realizzare questa seconda fatica; nomi più o meno noti della scena musicale italiana su cui svetta quello di Steve Sylvester, il cantante dei Death SS. Delle premesse molto interessanti, almeno per quanto mi riguarda; non resta che vedere se avranno il valore delle promesse fatte in campagna elettorale o se, invece, questo secondo capitolo della discografia della band lombarda segnerà l’inserimento di un nuovo nome all’interno del firmamento dei grandi gruppi italiani.
Supersonicspeedfreaks ha davvero un sapore retrò, sia per quanto riguarda le soluzioni armoniche, sia per quanto riguarda la resa audio. Preparatevi a un vero e proprio tuffo nel passato, almeno per quanto riguarda le atmosfere ma, attenzione! Questa nostalgia non implica affatto una produzione sommaria o una resa sonora di scarsa qualità. Per quanto si ammicchi a ciò che è stato, la tecnologia è quella del nuovo millennio! Tutti gli effetti sono voluti e ricreati utilizzando un approccio moderno, mischiando in maniera soddisfacente tempi ormai lontani al presente. Numerosi e notevoli i rimandi ai succitati gruppi storici, alla cui tradizione attingono a piene mani i Witche’s Brew; citazioni e ammiccamenti vengono, però, introdotti in maniera accorta, riuscendo a far sì che non appaiono mai come triti riproponimenti di vecchie minestre già troppe volte riscaldate.
Seguendo questa strategia, i nostri intraprendono una strada pericolosa, in cui si rischia facilmente di finire schiacciati dalla mole immensa delle Muse ispiratrici o di cadere nella trappola del citazionismo fine a se stesso. Ebbene, il quartetto schiva abilmente entrambi i rischi e, complice un’ottima capacità tecnica, riesce a mischiare con sapienza tutti gli elementi nel proprio pentolone per poi distillarne un prodotto finale davvero interessante.
Tutte rose e fiori tra Milano e Como? Mi piacerebbe molto che fosse così, ma c’è qualche aspetto su cui bisogna ancora lavorare. La varietà dei pezzi, innanzitutto: pur non risultando mai ripetitivi, i sette brani che compongono questo CD seguono una struttura un po’ monotematica, in cui si affiancano fraseggi tipicamente stoner rock, con chitarra e basso grevi e sporchi, ad altri che arrivano direttamente da un varco spazio-temporale aperto verso Inghilterra di quarant’anni fa; sarebbe bello, in questo senso, una maggiore variegatura. Un altro aspetto che mi preme sottolineare è il non sempre costante bilanciamento tra i vari strumenti: capita, infatti, che le sonorità di uno o dell’altro prevalgano sui suoi compagni; una dissonanza forse voluta ma che, personalmente, non ho apprezzato particolarmente.
Alla fine, quindi, qual è il giudizio su Supersonicspeedfreaks? Sicuramente, ci troviamo davanti a un prodotto di alto livello, ben suonato e con caratteristiche interessanti. C’è ancora qualche spigolo da smussare per ottenere un capolavoro, ma la direzione in cui ci stiamo muovendo è sicuramente più che buona. Mentre aspettano l’uscita del nuovo album dei Black Sabbath, gli amanti delle loro sonorità possono ingannare l’attesa facendo proprio questo secondo capitolo della discografia del gruppo lombardo. Un acquisto consigliato a tutti gli amanti della buona musica, un ennesimo segnale che ci dimostra come in Italia ci siano grandi realtà che aspettano solo di trovare il proprio spazio.
Damiano “kewlar” Fiamin
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Tracce:
01. Vintage Wine
02. What d’You Want from Me
03. Children of the Sun
04. Make Me Pay
05. Tell Me Why
06. Magic Essence
07. Supersonic Wheelchair
Formazione
Mirko Zonca: Basso
Mirko Bosco: Chitarra
Frankie Brando: Batteria
Ricky DalPane: Voce
Ospiti:
Steve Sylvester (Death SS)
Nik Turner (Hawkwind),
J.C Cinel (Ex Wicked Minds)
Martin Grice (Delirium)
Paolo Negri (Wicked Minds)
Ricky Dal Pane (Buttered Bacon Biscuits)