Recensione: Survive
Sopravvivere. In un mondo che stiamo rapidamente distruggendo – e mentre distruggiamo il pianeta, distruggiamo anche noi stessi. Il grido di dolore della terra è ben incarnato dall’interessante artwork di questo nuovo album degli Stratovarius: Survive, che mantiene come di consueto il titolo a sette lettere ed arriva ad altrettanti anni di distanza dal predecessore Eternal (2015). Ma nonostante il lavoro (auto)distruttivo dell’umanità, la natura continuerà leopardianamente il suo corso, simboleggiata dal verde della pianta che (ri)emerge dal teschio in frantumi. Curioso anche il riferimento al giglio, sparito da anni dal logo della band e simbolo dell’era del fondatore Timo Tolkki alla chitarra, che qui ricompare tra le cianfrusaglie, illustrato su un CD spezzato sullo sfondo. Forse con una leggera vena polemica? Lascio a voi le valutazioni.
Nessun cambiamento in lineup dai dischi precedenti, con il batterista Rolf Pilve ultimo entrato in squadra nel lontano 2012 prima dell’uscita di Nemesis (2013). Da allora la band ha dimostrato di essere consolidata, coesa e forte, un gruppo che nonostante questi difficili anni contrassegnati dal covid riesce ad esibirsi sui palchi di tutto il mondo, seppur con una grande prevalenza di show nella natia Finlandia.
Survive è un disco impegnato nelle tematiche, che spesso fanno riferimento ai temi attuali del cambiamento climatico, dell’inquinamento e dell’importanza di avere un ruolo attivo nella società in cui viviamo, con testi semplici ed immediati ma che si fanno apprezzare per il tentativo di uscire dai soliti cliché del power metal: con brani come “Demand”, “Broken” (con un video ben realizzato), “World on Fire” e “Before the Fall”, per una band che non è nuova a sollevare questioni etiche e sociali, basti ricordare il classicone “Paradise” (1997).
Musicalmente il lavoro si dimostra davvero sorprendente: un power metal raffinato, moderno ma che strizza l’occhio al passato senza cadere nell’autocitazionismo. Una buona e ragionata sintesi di quanto di buono presentato con lo sperimentale Nemesis, con le tastiere di Jens Johansson che arrivavano quasi alla dubstep, e con il più classico Eternal. Buoni esempi di questa dicotomia che trova una felice risoluzione possono essere rappresentati dalla controversa “Firefly”, in una tensione tra gli anni ’80 ed il power elettronico moderno che mi ha ricordato la “Halcyon Days” di qualche anno fa, o il riffing moderno e sincopato di “Broken” e della titletrack “Survive”; e dall’altra parte brani più classici come “Glory Days”, che ricorda gli anni d’oro della band finlandese tra i ’90 e i primi ‘00, o i richiami al neoclassico tolkkiano con i cori e gli orpelli di “Frozen in Time”, che presenta un curioso finale che riparte dopo una pausa con gli acuti di un Kotipelto davvero in forma e protagonista di una prova assolutamente convincente. Le melodie sono sempre particolarmente azzeccate, impossibile non scapocciare sulle note e sui ritornelli di brani come “Demand”, “We are not Alone”, sulla corale “Before the Fall” o sulla lunga suite finale “Voice of Thunder” che conclude un album davvero memorabile. Un po’ sottotono invece la power-ballad “Breakaway”, avvincente nel suo incedere ma forse un po’ prevedibile (lo scrive uno che continua ad ascoltare Blackoustic a dieci anni di distanza). Non mancano i canonici duelli tecnici ed epici tra le tastiere di Johnasson e la chitarra di Kuplainen, come da tradizione power ma inseriti sempre nella struttura dei brani con senso della misura. L’impressione al termine dell’ascolto è che non si potesse davvero chiedere di più ad una band con oltre trentacinque anni di attività, con un disco che sicuramente finirà tra gli highlights del power metal di questo 2022.
Se è vero che only the strong will survive, come cantano i finlandesi nella titletrack, gli Stratovarius dimostrano di essere musicisti ancora fortissimi, protagonisti assoluti della scena power di cui sono capostipiti. Musicalmente convincente ed avvincente, impegnato nelle tematiche affrontate nelle liriche in questi tempi difficili tra guerra, pandemia e cambiamento climatico, l’ultimo album Survive è un grande piacere che si lascia ascoltare e riascoltare: un affilatissimo power metal, classico e moderno al tempo stesso, che nonostante i sette anni di distanza dal predecessore continua a mantenerne l’indiscutibile qualità.
Luca “Montsteen” Montini