Recensione: Swim With the Leviathan
Ancora una volta un super-gruppo. In origine un duo, poi diventato un trio. Si tratta degli Ursinne, formati dal vocalist britannico Dave Ingram e dal polistrumentista svedese Jonny Pettersson, cui si è aggiunta da poco la bassista Sonia Nusselder.
“Swim With the Leviathan” è il loro debut-album, dichiaratamente incentrato su interpretazione rigorosa del death metal. Non old school o altro. Semplicemente, death metal. Ortodosso, legato ai dettami più classici dello stile, distante da ogni tentativo evoluzionistico.
Così facendo, è proprio lo stile medesimo a non essere particolarmente interessante, nella proposta degli Ursinne. La spiccata coerenza con la linea portante di base della tipologia musicale di cui trattasi non regala sorprese né sussulti: essi suonano esattamente come ci si aspetti che suonino. Il che non è neppure un male: in epoca di profonde mutazioni degli schemi fondamentali dei vari generi metal, avere fra le mani qualcosa che sia una certezza, un punto fermo, un caposaldo, non può che produrre un effetto tranquillizzante, rassicurante.
Certamente la drum-machine dimostra come al solito i suoi limiti, incapace di regalare un groove che sia perlomeno decente al sound. Però, per ciò che concerne il resto, i Nostri se la cavano bene; soprattutto nel guitarwork, potente, energico, ricco di riff azzeccati, quadrati, compatti. E di conseguenza nelle song. Aspetto in cui la coppia Ingram/Pettersson dà il meglio di sé.
Sì, perché le canzoni sono davvero tali, ciascuna dotata di una ben definita personalità, addirittura memorizzabili con una certa facilità nonostante si stia discutendo di metal estremo. Le idee non mancano e sono spalmate con continuità e regolarità, lungo l’arco di durata del disco. Non si comprende bene il perché di ben quattro cover, peraltro di pezzi poco noti, che non aggiungono nulla all’invece più che buono elenco di tracce… native. Probabilmente il progetto Ursinne non ha avuto a disposizione abbastanza tempo per scrivere altri episodi, il che è un peccato poiché, per esempio, ‘Bullet Bitten’ mostra la facilità di composizione dei Nostri, capaci, anche, di approfondire il mood del suono, rendendolo un po’ triste e malinconico. Quasi più da gothic o black che da death anche se ci pensano vere e proprie mazzate sulla schiena come ‘The Chimes of Midnight’, a riportare tutto sui giusti binari.
Che i ridetti Ingram/Pettersson, poi, non siano di primo pelo, si percepisce ovunque. Come già osservato lo stile non è il massimo dell’originalità, tuttavia si manifesta sempre allo stesso modo, connotando così in maniera univoca quello che è l’Ursinne-sound. Terreno di coltura per brani davvero buone come l’opener-track ‘Devil May Care’, sempre ammantata di toni drammatici come da consolidato copione.
La sensazione finale è che “Swim With the Leviathan” sia un’opera incompiuta, che avrebbe avuto bisogno ancora di un qualche mese per prendere il volo come meritano i talenti in gioco. La sostanza a ogni modo c’è: si tratta solo dell’inizio, per cui non si può che migliorare, date le premesse.
Daniele “dani66” D’Adamo