Recensione: Switch To Reset
Si potrebbe aprire una nuova rubrica: “finalmente debuttano!”. Difatti, ci sono parecchie band che, pur avendo sia le doti che il materiale sonoro pronto, aspettano anche parecchi anni prima di dare in pasto al pubblico il loro primo album.
Gli Irlandesi Crossfire (nome tutt’altro che originale, con ben 11 band tra passate e presenti con lo stesso monicker) sono fra queste: nati nel lontano 2012 a Dublino mostrano subito una certa tendenza a trascurare la sala d’incisione pubblicando solo nel 2018 un timido EP di cinque pezzi, dal titolo ‘Bound in Skin’. Poi, pur rimanendo in attività, silenzio discografico fino ad ora, con ‘Switch to Reset’, il loro primo Full-Length, appunto, disponibile dal 15 dicembre 2023 tramite WormHoleDeath.
Di questa band, che suona un Thrash relativamente puro, ci piace il fatto che non teme di correre dei rischi: ‘Switch to Reset’ è poco meno di un’ora di fuoco liquido suddivisa in solo 8 pezzi, di cui il più breve dura 5,25 minuti, il più lungo si avvicina agli 11 ed i restanti si attestano sulla media dei quasi 7 minuti e, tra questi, non c’è una traccia che sia “commerciale” o ad ampio spettro di ascolto (tipo che contenga refrain super canterini o che sia una cover di un brano famoso, per intenderci). Diciamo che, in un album del genere, il pericolo che possa risultare stucchevole c’è … soprattutto tenendo conto che il contenuto non è che sia proprio originale … anzi.
Concludendo il discorso sul minutaggio, che ritengo abbastanza essenziale perché, mi ripeto, tutti i pezzi sono lunghi, i Crossfire non utilizzano valanghe di cambi di tempo o prolungati passaggi atmosferici e neanche sperimentano spezzando il pentagramma con sonorità atipiche e fuori contesto.
Semplicemente dilatano le sequenze strumentali introduttive, d’interludio e finali rimanendo, però, sul classico, senza entrare nel Progressive o nell’Avant-Garde od in altri generi più portati alla lunga durata.
Il risultato non fa urlare al miracolo ma c’è, anche perché le capacità abbondano, la produzione crea un muro sonoro denso e compatto contro cui ci si schianta volentieri ed il sound ha la giusta ruvidità per risultare piacevolmente disturbante, con un cantato duttile che sa essere tanto al vetriolo quanto sofferente.
L’influenza degli Slayer abbonda principalmente nelle martellanti parti ritmiche, quella dei Metallica si sente nei momenti più tecnici e d’effetto, soprattutto quando il combo toglie il piede dall’acceleratore. Altra cosa valida, difatti, è che i Crossfire non viaggiano solo a tutto vapore, ma intercalano bene le sfuriate tirate a tutto braccio con andature più cadenzate e ragionate.
‘Switch To Reset’ contiene quattro pezzi che viaggiano sopra le righe: la Title Track stessa, veloce e feroce, ‘Lost All Control’, cadenzata e tormentata, ‘Coercion’, che colpisce a mazzate e ‘Turned To Stone’, densa e tagliente. Queste potrebbero durare anche due giorni, come la partita di tennis tra Isner e Mahut che andrebbe bene (si fa per dire, naturalmente). La restante parte dell’album non è male, per i motivi sopra detti, ma soffre un po’ di questa lunghezza ripetitiva che rende l’ascolto non monotono, ma impegnativo (qui non c’è neanche la pausa del pezzo breve ma scemo …).
Comunque il debutto è più che riuscito e si sente anche l’esperienza maturata dalla band, che, tra l’altro, ha la lineup stabile dal 2014, un piccolo record direi.
Per cui non ci resta che consigliarne l’ascolto, con la precauzione di prendersi un po’ di tempo e calma, ed aspettiamo il prossimo lavoro.