Recensione: Switchblade Serenades
“Cerchiamo solo di proporre un po’ di musica rock n’roll, con lo stile della vecchia scuola”.
Brillante ed esplicativa affermazione da parte di Jimmy, chitarrista degli svedesi Sister Sin, uno dei tanti, ormai innumerevoli, buoni gruppi eruttati ad insostenibile getto continuo dalla scena scandinava.
Chiara e priva d’ogni ambiguità, la dichiarazione del musicista pare una delle tante boutade promozionali rilasciate ad uso e consumo degli appassionati del genere, in un periodo che, volenti o nolenti, sta davvero sperimentando una graduale riscoperta di tutto ciò che è stato caratteristico, vincente e di successo negli eighties.
Tutte chiacchiere prive di fondamento?
Alla luce di quanto inciso su questo discreto debut album “Switchblade Serenades”, diremmo effettivamente di no. È davvero lo spirito hard stradaiolo degli anni ottanta, infatti, a farsi largo ed a mettersi in netta evidenza all’interno delle composizioni del gruppo di Stoccolma, combo che senza difficoltà alcuna, potremmo definire come perdutamente innamorato di tutto ciò che è stata la scena americana degli anni d’oro, partendo da Mötley Crüe e WASP, per finire a Skid Row e Poison.
Al di là di una produzione solida e potente, non c’è traccia di modernismo, né di nuovo millennio nel songwriting della band nordica, affascinata dai tempi andati al punto da ricreare volutamente l’effetto fruscio, tipico del vinile, in testa ed in coda al disco, senza dimenticare uno stacco nella parte centrale quale chiara allusione al classico cambio di “lato”.
Un aspetto di grande impatto e certo fascino per i numerosi nostalgici ma, forse, motivo di un minimo di perplessità da parte dell’altrettanto nutrita schiera di amanti dell’originale e contemporaneo, indubbiamente invitati ad assumere tutte le precauzioni del caso prima di prendere in considerazione un album di tale natura.
Piace senza riserve, la grinta espressa dalla singer Liv, unico elemento di discontinuità con la tradizione hard glam per antonomasia, e convincono davvero parecchio, le doti sciorinate con ineluttabile maestria dal bravo Jimmy, già citato chitarrista del quartetto e mente principale del progetto Sister Sin.
È quasi sempre la sue sei corde a dettare il passo della canzone ed a suonare la carica. Un riffing gagliardo ed arrembante, misto tra Mick Mars e Dave “Snake” Sabo (fatte le dovute proporzioni), che garantisce ai brani un dinamismo notevole ed una forza d’urto di sicuro effetto, spesso aiutato nelle proprie intenzioni da cori tipicamente ottantiani, per i quali non pare davvero difficile intuire un’ottima collocazione in sede live.
Notizia fondamentale, il disco riesce ad attestarsi su di un livello qualitativo piuttosto omogeneo e di buona levatura. Nessun grosso capolavoro ma, parimenti, zero tracce sgradevoli o tediose: una serie di brani godibili e soprattutto divertenti, ben rappresentati da titoli come l’iniziale “Beat The Street” e la successiva “Death Will Greet Us” cui sono senz’altro da aggiungere le ruggenti “Breaking New Ground”, “Hostile Violent” e “Love / Hate”, episodi che non mancano di ribadire la lezione di “Slave To The Grind” e “Dr. Feelgood” in un revival di sensazioni che, alla resa dei conti, rendono credibile il manifesto programmatico di Jimmy e dei suoi compari.
“Un po’ di musica rock n’roll, con lo stile della vecchia scuola”. Nulla di più, nulla di meno.
Divertenti e sanguigni, anacronistici e derivativi. La verità è in queste due coppie di aggettivi.
A voi scegliere quale sia la più adatta al fine di descrivere la proposta dei Sister Sin…
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Tracklist:
01. Beat The Street
02. Death Will Greet Us
03. One Out Of Ten
04. Breaking New Ground
05. On Parole
06. Make My Day
07. Hostile Violent
08. Switchblade Serenade
09. Love / Hate
10. All Systems Go!
11. Eye To Eye
Line Up:
Liv – Voce
Jimmy – Chitarre
Chris – Basso
Dave – Batteria