Recensione: Sword Songs
Onesti. Questa è la prima parola che viene in mente pensando ai Grand Magus; band svedese attiva dal lontano 1996 e giunta oggi all’ottavo album in studio. Abbandonato quasi definitivamente il filone heavy doom epico degli esordi, i nostri si sono assestati su un heavy metal granitico e di facile ascolto, che ha fatto si storcere il naso ai fan di vecchia data ma ne ha conquistati tantissimi altri raggiungendo anche un discreto successo. Questo quindi è quello che ci aspettavamo dal neonato Sword Songs, seguito del discreto Triumph And Power, niente di più niente di meno.
Freja’s Choice apre le danze confermando le coordinate stilistiche ormai consolidate; il riff principale è semplice e trainante al posto giusto e la sezione ritmica un macigno. La produzione non è la solita plastica odierna e il tutto fa presto venir voglia di alzare il volume al massimo, in particolar modo durante il bridge del brano che risulta da urlo e tremendamente esaltante, con armonizzazioni semplici ma memorabili. Varangian riuscirebbe a dare carica anche al più ameboide dei vostri amici col suo incedere cantilenante e un ritornello di facile presa, che ricorda appena quello di Triumph And Power, che dal vivo farà un massacro; è però con la seguente Forged In Iron – Crowned In Steel che arriva l’apice e il vero capolavoro dell’album. Con questa andate direttamente a San Marino a comprare una spada per poi cacciare senza pietà le galline nell’aia dei vostri nonni (c’è carenza di draghi e affini) urlando:
Bringing
Viking Metal – Bring You To Your Knees
Viking Metal – A Warrior’s Decree
Viking Metal –Death Is Victory
Forged In Iron, Crowned In Steel – Viking Metal
Il brano è l’esaltazione massima dei Grand Magus di oggi: tiro, sincerità ottime canzoni e un cantante stratosferico. Il ponte ancora una volta è da brividi e introduce il secondo ritornello, altrettanto valido, da cantare a squarciagola e coi corni alzati. Ecco servito il tormentone estivo!
Ci si aspetterebbe qui un rallentamento delle ostilità, invece ecco servito un altro tritacarne con uno dei riff migliori del disco e un ritornello che sembra sia stato messo in ghiaccio nei migliori anni ’80 per essere scongelato apposta per Born For Battle (Black Dog Of Brocéliande) e mettere ferro a fuoco la Bretagna. Lo stato di grazia dei Magus continua col battere assassino di Master Of The Land in cui fanno capolino anche dei tremolo picking, una strofa praticamente perfetta, un ritornello epico e un ponte che ricorda a grandi linee quello di Freja’s Choice ma che comunque regala grandi momenti. Last One To Fall è un pezzo veloce e orecchiabile, che non manca per niente di smalto e freschezza nemmeno a questo punto della tracklist, nonostante non siano presenti variazioni stilistiche di sorta. La forma canzone è mantenuta praticamente in ogni momento dell’album e non si sente nemmeno il bisogno di variazioni o arzigogoli vari. Con Frost And Fire ci avviciniamo alle fine e lo facciamo in maniera buona e con un livello qualitativo che non conosce cali in questa prova; non ci sono filler in Sword Songs, venga messo agli atti e trafitto da uno spadone.
Hugr è un breve intermezzo strumentale acustico che forse avrebbe avuto più senso all’inizio o alla fine della tracklist; ce lo cucchiamo invece adesso e tiriamo un attimo fiato, fermandoci a osservare il macello nel campo di battaglia e con le galline rimanenti ormai stremate. La tracklist ufficiale viene conclusa da Every Day There’s A Battle To Fight, con un incedere marziale che è ben più di un tributo ai Manowar di Warriors Of The World e un ritornello centratissimo e che più da fine album di così non si può.
A questo punto, le due bonus tracks presente nell’edizione digipack, risultano quasi superflue e poste solo per allungare un brodo che non ne ha nessuna necessità. In For The Kill è brano discreto ma nulla più, e Stormbringer è ovviamente una cover dei Deep Purple della quale lasciamo il giudizio a voi.
Sword Songs si è rivelato quindi una gran bella sorpresa; ci aspettavamo un disco discreto e invece i Magus sono andati oltre consegnandocene uno ottimo, cosa chiedere di più? La tracklist è solida, rocciosa e con anche un paio di capolavori; 8 brani con un tasso altissimo di ispirazione, divertenti, esaltanti e con tutto ciò che dovrebbe avere un disco di buon metallo oggi. Possiamo anche soprassedere sui testi, zeppi di fight e altre amenità ormai oltre l’anacronistico, come possiamo soprassedere sulla copertina che avrebbe potuto essere migliore; quel che rimane è grande musica e un disco che fonderà ben più di un lettore cd nei mesi a venire.
Grand Album.