Recensione: Symfonia – Live in Bulgaria 2013

Di Francesco Maraglino - 7 Marzo 2017 - 6:00
Symfonia – Live in Bulgaria 2013
Band: Asia
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2017
Nazione:
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80

Il sorriso ha abbandonato gli occhi di molti appassionati di musica rock, il 31 gennaio di quest’anno, alla notizia della scomparsa di John Wetton, uno dei più grandi bassisti/cantanti della storia del rock.
Se le recensioni di TrueMetal avessero un titolo, avremmo gioco facile, dunque, ad intitolare questa review “Una Vita Straordinaria”, “An Extraordinary Life”, come una delle canzoni degli Asia. Wetton, infatti, come musicista, ha indiscutibilmente percorso un lungo e straordinario cammino, avendo suonato e cantato, oltre che da solista, con alcune delle più celebri band rock: King Crimson, UK, Family, Uriah Heep, Roxy Music, e altri.

E, appunto, con gli Asia.
Proprio all’indomani della triste scomparsa di John, la Frontiers Music rilascia un nuovo album dal vivo proprio del quartetto prog-pop, intitolata “Symfonia – Live in Bulgaria 2013”. Un’uscita, sia chiaro, già prevista e schedulata da prima della scomparsa del musicista, e non certo fatta venir fuori sull’onda dell’emozione per la sua morte.
Il nuovo live, in formato doppio CD e DVD, ha il significato di fotografare la band  (qui costituita da tre membri storici – oltre a Wetton, ci sono Carl Palmer alla batteria e Geoff Downes alle tastiere – insieme al nuovo chitarrista Sam Coulson, il quale ha da qualche tempo sostituito uno Steve Howe troppo preso dalle fatiche degli Yes) in un particolare momento concertistico. Gli Asia, difatti, vengono qui catturati mentre si esibiscono al Century Roman Theater in Plovdiv, Bulgaria, insieme all’Orchestra Filarmonica di Plovdiv, il 30 dicembre del 2013.
L’occasione è ghiotta non solo per riascoltare i celeberrimi brani dei primi anni Ottanta, quelli del primo e del secondo album, ma anche per dare il giusto spazio anche alle canzoni dei più recenti, eccellenti lavori della band.

Cominciamo da questi ultimi.
Holy War è una traccia rockeggiante che denota grinta ed energia da vendere, nonostante l’età dei tre quarti degli elementi della band. Pure un uptempo è Face On The Bridge, che unisce all’aggressività del rock un tocco di raffinatezza in più. La già citata An Extraordinary Life è evocativa eppure solare, mentre un’altra canzone quieta, Heroine, è gentile e struggente e, in essa, la presenza dell’orchestra costituisce un valore aggiunto come nella seconda parte di The Smile Has Left Your Eyes.
L’orchestra, appunto, presente solo nelle tracce della seconda parte del concerto, aggiunge un azzeccato, ulteriore tocco di classe alle canzoni, ma senza strafare, appesantite o stravolgere l’assetto delle stesse. La sua presenza risulta perfetta, ovviamente, soprattutto  nei contesti che contengono elementi più sinfonici come Only Time Will Tell e Don’t Cry, ma pure nella super-hit Heat of The Moment.

Le composizioni più celebri degli Asia, anche al di fuori del quadro “band più orchestra”, sono  eseguite  con un vigore scevro dalla tipica stanchezza da routine di chi ha suonato quelle canzoni tante tante volte: ecco scorrere, dunque, tante gemme stilisticamente collocate da qualche parte tra prog, pomp e AOR come Sole Survivor, Open Your Eyes, Time Again, Wildest Dreams, ma anche arie più di nicchia come My Own Time. L’ottimista Days Like These dimostra che l’assenza di Steve Howe ha liberato la possibilità di suonare brani in cui non era presente nella versione in studio.

Symphonia, insomma, è un bel live, in cui la presenza dell’Orchestra Filarmonica di Plovdiv fornisce un significato diverso ai soliti dischi dal vivo delle band di classic rock che imperversano riproponendo il solito, stra-ascoltato repertorio in versione standard.
Il voto in calce alla recensione è, pertanto, un più che meritato “80”.
Nel cuore del sottoscritto, però, mettendo da parte l’obiettività  del recensore, stavolta ci sarebbe potuto essere, addirittura,  un “100”, quale valore da conferire alla celebrazione della carriera di John Wetton e, comunque, di alcune magnifiche canzoni capaci di conciliare stile, virtuosismo esecutivo e gradevole “commercialità”. Un ipotetico voto assoluto conferito anche con un significato personale (che, spero, consentirete al  sottoscritto recensore di esprimere, una tantum, all’indomani della scomparsa di John Wetton), per una propria speciale predilezione per l’arte del bassista/cantante, per alcune di queste canzoni e per l’energia che gli hanno trasmesso in certi periodi della propria vita.
Riposa in pace, John. Ci mancherai.

Francesco Maraglino

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