Recensione: Symmetry

Di Stefano Burini - 22 Settembre 2013 - 15:27
Symmetry
Band: Paradise
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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72


Confesso che quando ho aperto il pacchetto giuntomi a casa via corriere e mi sono ritrovato tra le mani “Symmetry”, il demo degli emiliani Paradise, sono stato subito favorevolmente colpito dalla confezione. La copertina è nera come la pece, con disegni arcani e misteriosi che rimandano la mia mente di nerd/fumettaro al mitico Berserk di Kentaro Miura e i caratteri scelti per il titolo che hanno le sembianze di una iscrizione scolpita nella pietra. Tuttavia, il vero tocco di classe è l’aver “truccato” il compact disc al suo interno da vinile: una sciccheria unica che, unitamente alla foto in bianco e nero con i quattro componenti della band seduti su un divano, circondati dai fidi strumenti e con un poster del Mick Jagger di Andy Warhol appeso alla parete, non ha fatto altro che aumentare la curiosità in merito al contenuto del dischetto.
 
Quattro sole canzoni, ma di durata piuttosto elevata, nelle quali Filippo Salvadori (voce e chitarra), Nicola Cavatorta (chitarra), Andrea De Dominicis (basso) e Francesco Calvo (batteria) danno grande sfoggio di una cultura musicale che affonda le radici nell’hard rock, nel punk e nel proto-heavy degli anni ’70. Black Sabbath, Thin Lizzy e Blue Öyster Cult, quindi, ma anche Diamond Head, Deep Purple e Ramones, senza dimenticare qualche influenza più moderna e mixando il tutto con garbo, stile e, cosa più importante, ispirazione.
 
“The Tramp”, con i suoi tre minuti e trentacinque secondi si configura come la più breve del lotto; un pezzo che potrebbe suonare come un impasto di hard settantiano, stoner rock, punk e new wave, valorizzato da un guitar work fresco, seppur tradizionale, e da una voce piuttosto fuori dai canoni del genere. Molto più particolare la successiva “Nonsense”: lenta e oscura, con un certo mood progressivo e la robusta ugola di Salvadori a stagliarsi sullo sfondo con il suo timbro à la Michael Poulsen dei Volbeat. La top track la incocciamo, in ogni caso, con la possente “I’m About To Break Free”: l’incipit enfatico e rallentato, alla maniera dei primissimi Black Sabbath, fa in realtà da preludio ad una ballata che ricorda tanto i Lynyrd Skynyrd quanto gli Shinedown (non a caso autori di una splendida cover acustica della mitica “Simple Man”) prima di lanciarsi in un bel finale di marca Heavy Metal. La chiusura è invece affidata ad “All In”: di nuovo impianto strumentale “d’annata” coronato da una linea vocale a mezza via tra la new wave settantiana e il groovabilly dei Volbeat; carina, ma probabilmente la più debole in scaletta.
 
Ci sono tante buone idee, tra i solchi di questo “Symmetry”, ciò che forse manca è un pizzico di unitarietà a fare da filo conduttore tra tracce, sì varie, ma fin troppo scollegate tra loro e nelle quali le tante (troppe?) influenze, già di partenza molto lontane tra loro, paiono lavorare in alcuni casi a compartimenti stagni. Nulla di grave, ad ogni modo: i Paradise sono una realtà ancora piuttosto giovane e questo EP rappresenta un validissimo biglietto da visita in vista di evoluzioni future potenzialmente molto interessanti. Potrebbe bastare tutto sommato poco, viste le premesse, per fare il vero salto di qualità.

Stefano Burini

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