Recensione: Symphony III – Monolith
Il prolificissimo artista della decadenza e della desolazione, Stijn Van Cauter (uno dei più importanti in ambito doom e non solo, con all’attivo numerosi progetti doom, ambient e drone), torna col suo act più conosciuto: Until Death Overtakes Me. Symphony III – Monolith rappresenta la quarta parte di un concept che
abbraccia tutte le sue uscite principali a nome di Until Death Overtakes Me: Symphony I – Deep Dark
Red, Symphony II – Absence of Life e Prelude To Monolith.
Da sempre una delle realtà più pesanti e meno accessibili di tutto il metal, questa one-man band compone musica destinata ad una nicchia ristrettissima, viste le sue caratteristiche di estrema pesantezza, lentezza, e ripetitività: è discutibile anche definire Until Death Overtakes Me un progetto strettamente metal, viste le forti influenze ambient, che in alcuni casi (vedasi Interludium I – Funeral Path) prendono totalmente il sopravvento sulla componente metal. Ciò che Van Cauter ci presenta con questa sua ultima opera è il picco più alto che abbia mai raggiunto con le sue composizioni, riuscendo a superare per bellezza anche quelle di Prelude To Monolith. Quattro tracce di ambient funeral doom sfibranti, esasperatamente lente, minimali eppure complesse, con le loro orchestrazioni maestose, solenni, epiche, ma sempre indiscutibilmente volte alla celebrazione della morte, del nulla, del vuoto, della desolazione. Quasi assenti – come sempre – le percussioni, che solo saltuariamente compaiono, cadenzate a roboanti. Lo strumento principale qui è la tastiera, che tesse le melodie di cui sopra, mentre le chitarre supportano il suono creando un muro di pesantezza sonora invalicabile. L’apporto vocale invece è rappresentato da un growl profondissimo, cavernoso, che sembra provenire dall’oltretomba.
In un’opera come questa sarebbe inutile analizzare singolarmente ogni traccia, vista la complessità e la lunghezza delle stesse: a parte l’intro strumentale (che è una cover in chiave ambient di “Also Sprach Zarathustra” di Strauss), le altre tre tracce durano da 15 a 30 minuti, presentandosi omogenee nello stile, e supportate da una produzione pulita e cristallina. In conclusione, Until Death Overtakes Me è un ascolto estremamente ostico (per non dire noioso) per chi non apprezza un certo tipo di sonorità estreme, ma è uno dei “sacri Graal” del suo genere, e chiunque sia appassionato di funeral doom e di ambient troverà in questo artista una delle massime espressioni della desolazione e della maestosità in musica.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Thus… (3:14)
2 – Funeral Dance (22:46)
3 – Monolith (15:48)
4 – Soon… (32:10)