Recensione: Symptoms Of A Common Sickness
Primo lavoro di lunga durata in studio, per i romani Black Therapy. Formatisi nel 2009, dopo il demo di routine “Through This Path” (2010) è l’ora di “Symptoms Of A Common Sickness”. L’album, missato da Bob Romano (ADE) ai MI Studios di Hollywood e masterizzato presso i polacchi Hertz Studio (Behemoth, Desaster, Vader), si avvale dell’artwork a cura di Adhiira Art e, soprattutto, della label Revalve Records per tentare la fortuna in un mercato così congestionato come quello del metal estremo.
Metal estremo che, nel caso dei Nostri, si materializza in un death metal abbastanza melodico ricco di sfumature black, ma anche segnato da tocchi di heavy metal, doom e gothic; per uno stile assai classico di difficile catalogazione, giacché esso risente in modo spiccato della personalità di ciascuno, o quasi, dei generi appena menzionati. Con un comune denominatore emotivo, facilmente rilevabile sin dal primo approccio: un umore gonfio di lacerante malinconia, profondo, sentito, che fa da leitmotiv sentimentale del disco, da “From High” a “Still Black Beyond The Light”. Una sensazione di mestizia che ben si accompagna sia con i mortiferi testi delle song, sia con l’inquietante disegno di copertina.
La caleidoscopica visione formale dell’ensemble capitolino, teorica base di partenza per una varietà compositiva a tutto tondo, resta tuttavia tale solo sulla carta. Invero, si manifesta con il meno positivo dei suoi aspetti; cioè con una dispersione delle forze che determina un insieme di canzoni sfilacciate nella loro tessitura. Mai decise, insomma, su quale sia la definitiva direzione da prendere. In certi momenti appare evidente la tendenza nello scegliere le coordinate del death metal quale meta da raggiungere (“Black Therapy”), in altri (“Symptoms Of A Common”) sembra il black il colore predominante a causa, per ciò, del sofferto, macerato screaming di Giuseppe Di Giorgio. Ancora, la strumentale semiacustica (chitarre e archi) “The Last Soul”, identifica – bene – una certa attitudine per le tetre armonie gothicheggianti di romantica memoria.
Il tutto, in ogni caso, rispettando pedissequamente tutti i dettami stilistici già sperimentati, scritti e applicati da centinaia di act lungo trenta e più anni di metallo urlante, arrivando alle radici del ‘dark metal’ à la Mercyful Fate. Un’ortodossia addirittura esagerata, poiché fa sì che in “Symptoms Of A Common Sickness” sia davvero arduo, se non impossibile, trovare qualche passaggio nuovo, che non sappia di già sentito. Minando clamorosamente in partenza, in tal modo, qualsiasi rigurgito di originalità che potrebbe manifestarsi dalle mani dei membri della band.
E questo è un peccato. In primis, perché Di Giorgio e compagni dimostrano inequivocabilmente di possedere un retroterra culturale di tutto rispetto, tale da consentir loro di affrontare con la dovuta attenzione ogni più buio anfratto del metal. Oltre a tale aspetto, è evidente una loro buona facilità nel creare delle atmosfere ricche di pathos e spessore (“Melancholy”). Ancora, “Symptoms Of A Common Sickness”, suona caldo e carnoso, e potente, con un ottimo equilibrio fra le varie componenti musicali. Tutto quanto, purtroppo, vanificato dalla già citata dispersività di uno stile incapace di proporre con decisione e personalità un unico filo conduttore, cui agganciare in modo fermo e coerente un aggregato di frammenti allo stato vaganti senza forma né sostanza.
Situazione, questa, che si riflette ovviamente anche nelle singole composizioni, altalenanti fra una foggia e l’altra, incapaci di segnare la mente dell’ascoltatore per via di una poliedricità esagerata, tale da rendere davvero complicata una corretta visione d’insieme dell’opera. Spunti interessanti, in essa, ci sono (“Advance”), ma si trovano sparsi qua e là; troppo lontani fra loro per ricordarli anche dopo poco tempo.
“Symptoms Of A Common Sickness” non è un lavoro da cestinare, tuttavia rappresenta uno stato evolutivo dei Black Therapy ancora acerbo, che deve progredire parecchio per regalare al gruppo stesso quel carattere necessario a farsi largo nella marea di uscite discografiche che, attualmente, sommergono letteralmente gli appassionati.
Daniele “dani66” D’Adamo
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