Recensione: Taake
In un momento non particolarmente prospero per le sorti del black metal di stampo “tradizionale” torna sulle scene la creatura
del controverso frontman norvegese Hoest con il quarto, omonimo full length, “Taake”. In effetti, sin dal primo album
“Nattestid Ser Porten Vid” (1999), i Taake sono stati tra quelli che si sono fatti carico di “ereditare” il vessillo del
classico black metal norvegese in un periodo in cui tutte le band storiche del genere si stavano discostando, in un modo o
nell’altro, da tali sonorità. Pur rifacendosi ai primi lavori di Darkthrone, Satyricon e Gorgoroth, oltre che
agli Ulver di “Nattens Madrigal”, lo stesso album d’esordio ci aveva tuttavia mostrato come i Taake, lungi dal poter
essere liquidati come mero gruppo clone, avessero saputo reinterpretare la lezione dei maestri in chiave personale, grazie ad una
encomiabile freschezza e creatività nel songwriting, all’onnipresente vena epica e decadente di cui la loro musica era permeata,
all’inserimento di elementi folk ed aperture atmosferiche di grande intensità, nonchè ad un tasso tecnico non trascurabile per gli
standard del genere.
Se da un lato dunque i Taake non hanno mai fatto mistero di essere un gruppo “derivativo”, quantomeno nelle proprie
premesse musicali, dall’altro, grazie soprattutto alla notevole qualità dei loro primi tre album, hanno saputo ritagliarsi il loro
meritato spazio nella inflazionatissima scena black norvegese. Del resto bisogna ricordare che i nostri sono attivi da ormai quasi
quindici anni (anche di più se li consideriamo come la naturale prosecuzione dei Thule, il cui primo demo risale al lontano
1993), e dunque il contesto storico-musicale nel quale si sono formati è nientemeno che quello della massima fioritura del TNBM.
Che aspettarsi dunque dall’ultima fatica di un gruppo con questi trascorsi? Diciamo subito che “Taake” (uscito in due diverse
versioni, vinile e cd, sotto due diverse etichette, rispettivamente la Svartekunst e la Dark Essence)
è un album molto vario, che recupera tutte le componenti tipiche della proposta musicale di Hoest e soci, con un equilibrio in parte
diverso rispetto al passato. Fondamentalmente stiamo sempre parlando di feroce e tagliente black metal, suonato con la preparazione
tecnica a cui i nostri ci hanno abituati, costruito sull’alternanza -spesso improvvisa anche nel contesto della stessa canzone- di
sparate furiose e violentissime, break atmosferici e mid-tempo martellanti. I Taake sanno essere al contempo minimali e
ricercati, il tutto senza trascurare l’onnipresente componente melodica, che si concretizza talvolta in passaggi dal sapore
epicheggiante.
Il songwriting si conferma dunque come sempre curato e ben strutturato: forse i norvegesi non ci propongono niente di nuovo, ma quel
che fanno di certo lo sanno fare bene. Ad onor del vero si nota, rispetto al passato, la presenza (in particolare in pezzi come
Umenneske o September Omsider) di quei riff grezzi, scarni e diretti, dall’incedere groovy e incalzante, che
indubbiamente possono richiamare alla mente certe soluzioni “black’n roll” tanto diffuse in questi ultimi anni. Niente, beninteso,
che non fosse già in qualche misura nelle corde dei Taake, anche considerando quali sono le dichiarate influenze ottantiane
(Venom, Bathory, Hellhammer) dei gruppi black metal a cui, a loro volta, i nostri si sono sempre ispirati. Ed è pur vero, ad ogni
modo, che non mancano i classici passaggi -freddi, tiratissimi e ossessivi ma al contempo melodici- a cui Hoest ci ha da
tempo abituato, così come non manca qualche momento più atmosferico e riflessivo. Solo che l’approccio maggiormente immediato che
emerge in molti frangenti, complice la completa assenza di parti cantate in clean, conferisce a quest’album un sapore
complessivamente più marcio e “incazzato” ma meno cupo ed evocativo rispetto, ad esempio, a un “Nattestid Ser Porten Vid” (che
considero tuttora l’apice compositivo raggiunto dai nostri). Le influenze darkthroniane (anche del nuovo corso) si fanno sentire, insomma,
ma sempre nel contesto della coerenza musicale che ha caratterizzato il percorso dei Taake; coerenza che oggi semplicemente
si esprime attraverso la maggiore incidenza di certe influenze rispetto ad altre.
Al di la di simili considerazioni, resta il fatto che questo “Taake” è un buon album che, anche se certamente non brilla come i
primi due full length del combo norvegese, rimane comunque sopra la media dei prodotti che il genere ci ha offerto in questi ultimi
anni. Si potrebbe dire che, sebbene quella creatività e freschezza compositiva che avevano reso estremamente interessanti ed
ispirati i primi album dei Taake sembrino stare in parte scemando col passare degli anni, la band di Hoest dimostra di
essere ancora capace di scrivere pezzi black convincenti e di ottima fattura, mantenendosi su livelli qualitativi di tutto rispetto.
Discutine sul forum nel
topic relativo
Tracklist:
1. Atternatt 06:48
2. Umenneske 08:16
3. Lukt Til Helvete 05:05
4. Doedsjarl 05:26
5. Motpol 05:12
6. September Omsider 05:12
7. Velg Bort Livet 10:27