Recensione: Taboo

Di Fabio Vellata - 13 Settembre 2022 - 21:46
Taboo
Band: Taboo
Etichetta:
Genere: Alternative Metal 
Anno: 2022
Nazione:
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60

Un’occasione, in fondo, non si nega a nessuno.
Tanto più se il protagonista di questa opportunità è un artista di un certo rilievo come Ken Hammer, testimone della grandezza di una band blasonata come lo sono stati i Pretty Maids.

Hammer, insieme all’ex sodale, il cantante Ronnie Atkins, ha rappresentato con la sua chitarra l’ossatura cardine dell’ottimo gruppo danese sin dalla sua fondazione. Grande musica prodotta sino al 2016, prima di una imprevista rottura e del varo di carriere separate.
Se tuttavia, da una parte l’eccellente Atkins non ha perso tempo, inanellando una serie di grandi album – da solista e con i Nordic Union Hammer ha traccheggiato parecchio, ridestandosi dal torpore solo in tempi recenti grazie a questo bizzarro progetto chiamato Taboo.

Improbabile ed un po’ stravagante, la nuova vita artistica del chitarrista danese si rivela però un florilegio di compromessi e tentativi mancati.
Una versione annacquata di hard rock alternativo e modernista nei suoni che strizza l’occhio al nuovo che avanza senza possederne ardore e convinzione. Un meccanismo poco convincente che cerca di traghettare i riff dei Maids (l’attacco di un brano come “Demons” è simbolico) alla scoperta di una frontiera inesplorata, tentando al contempo di farsi affine ai gusti di un pubblico di millennials.
Un risultato che, francamente, lascia invece piuttosto indifferenti e non supera lo scoglio di un qualche ascolto disinteressato e superficiale.

La musica dei Taboo è suonata e cantata molto bene, s’intenda. Il singer Christoffer Stjerne oltretutto, dimostra di possedere corde vocali e doti interpretative di alto livello.
Le canzoni tuttavia, scivolano presto nell’oblio senza incidere o destare particolari emozioni. Un insipido sottofondo a momenti banali.
Una via di mezzo che non accontenta nessuno. Ne i vecchi fruitori del rock prodotto dai Pretty Maids, ne le nuove leve, certamente attratte da chi la materia “alternativa” la maneggia con maggiore esperienza e credibilità.

Noi, che per scrivere queste poche righe il disco lo abbiamo ascoltato più volte, lo possiamo ad ogni modo affermare con certezza. Non si tratta di brutta musica, ne di qualcosa di così scadente da essere inascoltabile. Anche la produzione non è affatto male.
Di dischi come questo però ce ne sono in circolazione centinaia. Tutti più o meno simili e sempre perennemente in bilico tra il voler preservare un’anima un po’ rock e la gran voglia di stare sulle radio. Magari con canzoncine facili che scimmiottano gli Imagine Dragons ma vorrebbero rincorrere i Coohed and Cambria.
Con il risultato di apparire fotocopie un po’ scolorite e senza anima di un modo di far musica plastificato ed incapace di suscitare emozioni.

Spiace per mr. Ken Hammer, cui siamo sinceramente affezionati, ma tocca dirla tutta. Questo è un disco anonimo che, pur se formalmente ineccepibile, rischia di essere dimenticato molto in fretta…
Rimettere in pista i Pretty Maids?

 

https://www.facebook.com/taboobanddenmark

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