Recensione: Take no Prisoner
Quinto album per i tedeschi Chinchilla, un gruppo che ha sempre sfornato album di valore medio/alto, ma che in definitiva non ha mai ottenuto un gran successo, almeno a livello commerciale, a mio parere anche a causa di un monicker non proprio azzeccato, e in un mondo come quello del music business la scelta del nome per una band è davvero molto importante vi assicuro.
Passiamo comunque a trattare dell’argomento che più ci interessa, cioè la musica contenuta in questo “Take no Prisoner”, che fin dall’iniziale “The Almighty Power” mette subito in chiaro che in questo cd non ci sarà spazio per il Power Metal “allegro”, ma solo per tanta potenza. Le chitarra di Udo Gerstenmayer scarica sull’ascoltatore un riff di una potenza davvero devastante, sostenuto alla grande dalla sezione ritmica, sempre precisa e rocciosa, composta da Roberto Palacios al basso e da Chris Schwinn alla batteria, e soprattutto dalla voce cattiva e roca di Thomas Laasch. Tutto il brano è giocato su ritmi piuttosto veloci e melodie vocali trascinanti e mai banali, impresa tutt’altro che semplice.
Tutte le tracce del disco riescono ad essere piuttosto convincenti, seppur con gli ovvi picchi qualitativi e qualche piccola caduta, ma di sicuro ci si diverte ascoltando canzoni come “Death is a Grand Leveller”, una sorta di incrocio tra gli Edguy e i Brainstorm, il tutto condito da un atmosfera davvero molto particolare, creata dalla linea vocale, che pur senza essere “strana” o arrangiata in modo particolare risulta decisamente originale, la splendida “The Call”, veloce e aggressiva, e soprattutto dotata ancora una volta di una melodia vocale davvero strepitosa, senza per questo risultare smaccatamente ruffiana o “commerciale”, “The Ripper”, brano in cui la band preme meno sull’acceleratore, puntando molto di più sulla compattezza delle ritmiche e soprattutto sugli arrangiamenti, leggermente più complessi che su altre canzoni del disco, la title track “Take no Prisoner”, altro brano roccioso e massiccio, soprattutto il ritornello è davvero una mazzata, e molto bello, soprattutto perché inaspettato lo stacco solista del basso a metà pezzo, “Silent Moments”, power ballad, che per quanto di certo non originale, è decisamente godibile e con una buona atmosfera generale, e la conclusiva “Rich Hounds”, altro buon pezzo di Power potente e melodico, anche se forse la tastiera, suonata dal chitarrista Udo, è un po’ troppo invadente a tratti.
Le uniche due songs a non avermi convinto appieno sono “Lost Control”, in cui la band ha cercato arrangiamenti e atmosfere troppo impegnative, a mio parere, e “Money Talks”, canzone molto simile nello stile all’album in generale, ma che al mio orecchio è sembrata piuttosto scontata e senza quella scintilla che avrebbe potuto dare al pezzo una marcia in più.
I suoni mi sono decisamente piaciuti, piuttosto caldi riescono ad infondere la giusta carica a tutte le canzoni, anche se bisogna ammettere che nei momenti più d’atmosfera, comunque piuttosto rari, non sono proprio il massimo.
Tecnicamente la band se la cava piuttosto bene direi, pur senza strafare tutti i musicisti riescono comunque a dimostrare il loro valore, mettendolo sempre al servizio delle canzoni, mai per sfoggiare la tecnica individuale fine a se stessa.
In conclusione direi che, ancora una volta, i Chinchilla hanno sfornato un disco di ottimo livello, che ha il solo difetto di avere qualche caduta di tono, ma che mette in mostra un gruppo fresco e con un stile, se non proprio originale, quantomeno personale, ed in un panorama musicale che offre troppo spesso solo delle brutte copie direi che non è affatto una caratteristica da buttare via, anzi.