Recensione: Taking Over
Ci sono album che ti rimangono incollati addosso, non importa quando li acquisti: se al momento della loro uscita, sei mesi o dieci anni dopo; non importa il motivo: se ti piace la copertina, ma manco sai chi è il gruppo, se perché hai letto una recensione che ti ha colpito, se un tuo amico ti ha duplicato il suo originale (… oops … non si fa!!!). Non importa neanche se la band è diventata famosa oppure è scomparsa nel nulla, lasciando solo quella veloce ma brillante traccia.
E’ così per ‘Taking Over’, secondo album degli straordinari Overkill, ancora oggi una tra le migliori Thrash Metal band a livello mondiale e, sicuramente, non una meteora (altro che estinzione altrimenti …).
Il gruppo è prepotentemente emerso nel 1985 con quel dischetto che è stato ‘Feel the Fire’, un vero pezzo di storia, estremo e potente quanto coinvolgente ed esilarante.
Nel 1987 il combo, mantenuta intatta la propria formazione, replica e migliora dando alle stampe ‘Taking Over’, il giusto seguito dell’esordio, con quel tanto di miglioramento da far entrare gli Overkill nella leggenda e non farli più uscire.
Si parla di un album ad altissimo tasso di ottani pubblicato in un periodo in cui il Thrash era all’apice: era il momento di Exodus, Destruction, Holy Terror, Heathen, Testament, Voivod, Tankard, Sacred Reich, Death Angel, Anthrax, Mortal Sin e chi più ne ha più ne metta. C’era solo l’imbarazzo della scelta su cosa acquistare o, come succedeva all’epoca, su cosa farsi registrare dagli amici.
Con ‘Taking Over’ c’era poco da fare: era un disco importante, da mettere nella propria collezione, perché il combo, non deludendo le aspettative, aveva tirato fuori un album deflagrante, rovente, ancora oggi, sin dalla prima nota, rimasto attuale pur se passati trentadue anni e centinaia di album.
Un ottimo songwriting, potente, sfrenato ma anche pesante ed epico, con momenti furenti ed altri più ragionati. Si sente un buon allaccio con il disco d’esordio ma si percepisce anche la voglia incessante di evolvere e dire qualcosa di nuovo. Tutto questo è ‘Taking Over’, una perla in mezzo a tante ma ben distinguibile per la sua lucentezza.
Ancora con la formazione a quattro, (mantenuta fino al 1989 quando uscì il quarto album ‘The Years of Decay’ con la sola sostituzione del drumme Rat Skates, che se ne andò dopo ‘Taking Over’) i musicisti, se pur relativamente giovani (l’eclettico chitarrista Bob Gustafson aveva all’epoca ventidue anni, gli altri tre erano un po’ più grandi), sapevano quale era il lavoro che volevano fare da grandi, dimostrando che ‘Feel the Fire’ non era una chimera uscita per caso, frutto di un momento creativo fortunoso.
‘Taking Over’ è maturo, determinato, suonato sapientemente e scritto per stupire e far dire che ‘gli Overkill diventeranno i migliori’ …
La partenza è un bombardamento in picchiata: ‘Deny the Cross’ è incisiva, schiettamente dura e ferocemente veloce, con Bobby ‘Blitz’ che domina imperioso seguito da una ritmica travolgente e roboante; con ‘Feel the Fire’ si sapeva, con ‘Taking Over’ ne abbiamo avuto la conferma: il vocalist ha una voce unica, Thrash al cento per cento, ma anche dotata di quel tocco epico che la rende dominante e destinata a rimanere, ancor’oggi, tra le più importanti del movimento.
La vera prima mazzata arriva con l’inaspettata ‘Wrecking Crew’, brano che testimonia la crescita compositiva del combo, soprattutto dimostra la bravura di Bobby Gustafson nel creare riff massicci e compatti ed assoli deflagranti e stupefacenti (nulla togliamo ai successivi e talentuosi chitarristi che lo hanno sostituito dopo l’uscita di ‘The Years of Decay’, però è anche vero che da lì in poi ce ne sono voluti due al posto di uno solo …) amalgamandoli con la voce tagliente del terribile ‘Blitz’, con le linee di basso di D.D. Verni e con i cori coinvolgenti che generano grande tensione emotiva prima dell’esplosione del refrain.
Gli Overkill sanno andare oltre la velocità ed il tuono, il loro bagaglio culturale comprende tanto l’Hardcore quanto l’Heavy classico e questo lo dimostrano cambiando sapientemente marcia al terzo pezzo, esprimendo un mid tempo scuro come la notte e pesante come il piombo: ‘Fear His Name’, che dà il giusto tocco di variabilità all’opera.
‘Use Your Head’ e ‘Fatal If Swallowed’ rovesciano tonnellate di lava incandescente, innalzando in cielo un enorme nube piroclastica data dall’uso smodato degli strumenti, anticipando un brano destinato a diventare un classico, trascinante, energico, galvanizzante, in poche parole ‘Powersurge’, pilastro per anni delle loro esibizioni dal vivo, un urlo di rabbia, un concentrato di cattiveria e di potenza allo stato brado. A parere dello scrivente rientra tra i primi dieci brani rappresentati il Thrash Metal targato anni ’80 e non solo.
E dopo tanta energia … ne arriva ancora: ‘In Union We Stand’, con la sua ritmica imperiosa, è un inno anthemico, un brano che rappresenta lo spirito di energica aggregazione che da sempre ha contraddistinto i fans del Metal.
Chiudono prepotentemente ‘Electro-Violence’ e la lunga ‘Overkill II (The Nightmare Continues)’, anch’esse cariche di Pathos e di furia travolgente. In particolare l’ecletticità dell’ultimo pezzo, che passa dal dare sensazioni malvagie ad altre furenti, mette in luce le qualità degli Overkill, quel quid in più che serviva all’epoca per emergere in un mare di artisti straordinari.
‘Taking Over’ voleva lanciare un segnale già dalla copertina, con i quattro artisti che imbracciano dei fucili puntati dritti verso chi la guarda come per dire: gli Overkill non fanno prigionieri. E’ così è stato, grazie anche alla reazione chimica a catena che i quattro sono riusciti a scatenare.
Dire quale sia il migliore gruppo Thrash al mondo penso sia impossibile; certo è che gli Overkill un posto sulla vetta dei grandi con ‘Taking Over’ se lo sono guadagnato.