Recensione: Tales
Li avevamo lasciati con l’ottimo Hädanfärd, e ora, a distanza di due anni, i Night Crowned si riaffacciano con questo nuovo album, il terzo della loro discografia, Tales. I ragazzi svedesi, presentano una novità nella line-up: Eldor Pettersson, che nei Despite suona la chitarra, al basso.
L’artwork è meraviglioso ed è una versione più tetra del mito della caccia selvaggia – secondo il quale un corteo notturno di esseri sovrannaturali attraversa il cielo o la terra mentre è intento in una battuta di caccia: visivamente, ricorda molto il quadro Asgårdsreien di Peter Nicolai Argo. Un forte riferimento alla tradizione scandinava, quindi, come la loro musica. Già, perché i Night Crowned propongono una delle migliori sintesi tra black e death metal, perfettamente bilanciata tra i due stili, con un sound particolarmente azzeccato ed orecchiabile, attento alla melodia tanto delle chitarre, quanto della voce. Già, perché le capacità artistiche di Ken Romlin sono davvero notevoli: una voce massiccia, forte, talvolta affilata e tagliente come la falce della Morte, ma sempre e comunque in grado di tessere delle trame e delle linee vocali davvero armoniche e piacevoli. E le chitarre non sono da meno: aggressive, con un sound pieno e graffiante, ma allo stesso tempo bilanciato e pulito. A tal proposito Loviatar, è un pezzo che riassume un po’ tutte queste caratteristiche: un’intro raffinata, un break pesante, e un intermezzo armonico, con tanto di voci pulite; ma tutto “suona” dannatamente black. Ma non mancano i momenti più ruvidi, come Lupus Luna, è il brano più “cattivo”, il più duro dell’intero disco, controbilanciato alla perfezione dalle capacità armoniche di Romlin. Confermata la curiosa scelta di alternare canzoni cantate in inglese e svedese.
La prima novità del disco è rappresentato dalle collaborazioni, nella fattispecie, due: in primo luogo, Jens Rydén (Thyrfing, ma con un passato in band come Dead silent slumber, Naglfar e Profundi) che appare nel brano promozionale De Namnlösa; e poi Therése Thomsson (Disdained, Sadauk), special guest in ben due brani, She comes at night e Lupus Luna. Il secondo elemento innovativo, è la presenza di alcune sonorità tendenzialmente folk che richiamano la tradizione scandinava, in modo particolare in due brani, She comes at night e Flickan Som Försvann: un aspetto che potrebbe confondere l’ascoltatore, abituato a sentire brani dei Night crowned tendenzialmente più “neri”.
Gli standard musicali sono davvero molto elevati, perché i Night crowned sanno fare musica di livello e sono riusciti a ritagliarsi, nonostante le difficoltà, uno spazio tutto loro. Ma quali sono le criticità? Presto detto: troppo death per essere black, troppo black per essere death. Quindi, sostanzialmente, la proposta musicale potrebbe scontentare entrambe le parti più puriste ed intransigenti, e questo vale più per i blackster che per gli amanti del death. Qual è il confine tra l’essere una band underground e una che sa trovare armonia nel black metal? La risposta ce la danno proprio questi ragazzi svedesi, con un album ottimo, ma a nostro avviso un passo dietro al più deciso e netto Hädanfärd, capace di essere più incisivo.