Recensione: Tales Between Reality And Madness

Di Stefano Burini - 26 Febbraio 2013 - 0:00
Tales Between Reality And Madness
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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82

Di fronte ad una moltitudine di dischi cui attingere a scatola chiusa per il puro piacere dell’ignoto, i fattori per i quali ci si approccia ad un album piuttosto che ad un altro sono il risultato di una chimica del tutto particolare, fatta di colori, suoni ed umori, tipica di quel particolare momento e proprio per questo irripetibile. Talvolta basta un titolo, un nome o anche una copertina in grado di colpire la nostra attenzione in quel particolare istante e scatenare la nostra fantasia, obbligandoci a fare proprio quella scelta e incanalandoci in uno degli infiniti universi paralleli, l’universo nel quale QUELL’album ce lo portiamo realmente (o metaforicamente, nell’era del digitale) a casa.

Così è stato, per il sottoscritto, con i Void Of Sleep, band ravennate attiva dal 2010, e il loro debutto sulla lunga distanza: “Tales Between Reality And Madness”. Il gruppo ruota attorno alle figure chiave di Burdo (voce e chitarra), Gale (chitarra), Paso (basso) e Allo (batteria) e, fin dall’EP del 2011 “Giants & Killers”, propone una sorta di heavy/doom spesso e molto volentieri sconfinante nello stoner più psichedelico quanto in territori cari a certo alternative metal. La potente voce di Burdo e le chitarre dalle timbriche moderne e distorte di Gale e dello stesso Burdo rappresentano, senza nulla togliere ad una sezione ritmica varia ed efficientissima, i due punti di maggior forza di un ensemble che appare fin da subito affiatato e con le idee ben chiare. D’altro canto ad un ascolto più attento appare evidente come sia l’intero “pacchetto” a funzionare, in virtù di un dosaggio degli ingredienti sapiente e ben calibrato e dell’innata capacità di scrivere pezzi anche piuttosto complessi e sempre di assoluto rilievo.

Entrando più nello specifico, relativamente alle caratteristiche della proposta musicale dei ravennati, appare immediatamente evidente come le venature doom cui si accennava in precedenza non prendano mai diramazioni affini al funeral doom o al drone né al post metal; piuttosto, ascoltando canzoni come la spettacolare opener “Blood On My Hands” o il capolavoro “Lost In The Void” non pare azzardato immaginarsi dei Circle II Circle alle prese con una versione più rallentata ed immaginifica del loro heavy metal pieno e marziale. Anche a livello vocale il paragone regge, nonostante lo stile di canto di Burdo si mostri più aggressivo e graffiante rispetto a quello di Zak Stevens, a proprio agio anche con qualche accenno di growl non troppo spinto e assolutamente funzionale.   

Le frequenti finezze di matrice progressiva, sia livello strumentale che di atmosfere aggiungono ulteriore carne al fuoco, sempre cucinata con perizia e nell’ottica di fornire un “pasto” il più completo, vario e nutriente possibile ai nostri esigentissimi timpani. E’ il caso della citata “Lost In The Void” o di “Ghost Of Me”, con la spettacolare intro di basso (strumento per la verità sempre in posizione di preminenza), i riffoni a mezza via tra stoner/sludge e tendenze Alter Bridge-iane e le ritmiche di  memoria addirittura Dream Theater. E non mancano nemmeno momenti più spinti in cui il riffing si indurisce al punto da lambire il thrash metal, come in “The Great Escape Of The Giant Stone Man” o nell’accidentata “Mirror Soul Sickness”, una vera e propria perla oscura di thrash/doom con cadenze da carro armato e una sezione vocale di livello decisamente elevato.  

Chiude “Sons Of Nothing”, inaugurata da un basso impegnato in giri stranianti e onirici su cui, come da copione ormai abbastanza collaudato, si innestano l’imponente rifferama partorito dalle due asce e i vocalizzi ben amalgamati ad opera di Burdo, del tutto in linea con quanto ascoltato finora. Per gli appassionati di queste sonorità ci sentiamo di affermare già da ora, nonostante il 2013 sia appena iniziato, che si tratta di un album da Top Ten dell’anno in corso, il cui unico difetto risiede forse in una produzione non ottimale (ma probabilmente figlia di un budget sicuramente non milionario) e in grado invece di spiccare per qualità, perizia e (perché no?) inventiva all’interno del nutrito panorama hard ‘n’ heavy (inter)nazionale. Da non perdere.

Stefano Burini

 

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Tracklist

01. Blood On My Hands
02. Wisdom Of Doom
03. The Great Escape Of The Giant Stone Man
04. Lost In The Void
05. Ghost Of Me
06. Mirror Soul SIckness
07. Sons Of Nothing

 

Line -Up

Burdo: voce e chitarra
Gale:  chitarra
Paso: basso
Allo: Batteria

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