Recensione: Tales From The Inner Planet
Parafrasando il titolo del loro primo cd il Tempo (dell’attesa) è finito: dal primo giugno è in distribuzione il quarto lavoro della band meneghina. Dopo, appunto, “The Time Is Over”, “No Man’s Land” e “Light Of A New Day”, vede finalmente la luce “Tales From The Inner Planet”.
Togliamoci subito il dente: questo è senz’altro il loro lavoro migliore.
La band sforna un album superbamente piacevole, di quei dischi (scusate ma ci piace ancora usare
questo termine anche se fuori moda) che ascolto dopo ascolto hanno sempre da offrire nuovi spunti
per invogliare all’ennesimo bis. Potremmo sbilanciarci ed affermare che questo cd si candida come uno dei migliori album AOR in assoluto per questo 2013.
I brani che compongono “Tales From The Inner Planet” sono ben 14 compresa la bonus track “The Warfare Is Over”.
Nonostante una scaletta così importante, non affiorano momenti di stanca e si avverte solo l’imbarazzo di scegliere una canzone piuttosto di un’altra come la preferita del momento.
“Wave Of Memories” apre l’album dando subito ad intendere di essere di fronte ad un album maestoso: le tastiere di Davide Faccio e la sessione ritmica del duo Morbini-Andrechen, rispettivamente batteria e basso, si lanciano in una corsa in autostrada con il sole sulla pelle ed il vento nei capelli. La voce cristallina di Ruben Sacco è la sorpresa più gradita: i Myland hanno trovato un grande cantante, potente e nello stesso tempo denso di pathos, che fa vibrare l’ascoltatore e che aumenta l’attesa del brano successivo, corde vocali che un po’ ricordano quelle del celebre Tommy Hart dei Fair Warning. Hox Martino, chitarrista della band, ci regala la sua prima perla, un assolo che miscela feeling, tecnica e velocità in una “song within the song” che caratterizza lo stile pulito e preciso del maestro d’ascia del quintetto.
“In The Rising Sun” non fa che confermare quanto di buono appena espresso, mentre “Feel The Fire” aumenta quella sensazione di non averne mai abbastanza con i suoi break armoniosi i cori ammiccanti ed un cantato che ammanta di classe: la gioia per ogni AOR-fan.
“She’s Gonna Runa Way”, dovrebbe essere il prossimo video estratto da “Tales From The Inner Planet”, canzone più intimista incentrata sul tema della violenza sulle donne, che troppo spesso tacciono questo segreto: da qui il gioco di parole del titolo con le rune, simboli misteriosi e perciò custodi di segreti.
“Hold On” ci offre un techno-AOR che ricorda i mai troppo elogiati The Ladder, le tastiere di Faccio ed il solo di Hox sono il giusto contro altare di un’altra prova superba di Ruben Sacco che si scalda per dare il meglio nella seguente “Rising Up Again” forse “il” singolo: melodia allo stato puro.
“Heart And Soul” è la ballad per eccellenza con l’interpretazione di Sacco che è delizia per le orecchie, impreziosita da un inedito Martino al controcanto, ancora tecno-tastiere ed un solo di
chitarra arioso a soffiare come brezza la sua melodia.
“The Last Mile” è la faccia più aggressiva e festaiola dei Myland, qui sono batteria e basso a tirare la volata ad un’altra azzeccata party song da Route 66.
“The Warfare Is Over” è la bonus track che i Myland ci regalano in questa edizione, un originale simil DVD, prodotta dalla band e dal suo leader Paolo Morbini: detto francamente sarebbe stato un peccato escluderla.
“Out Of The Shadows” è il DNA dei Myland: ritmica headbanging, melodia azzeccata ed un finale
sorprendente con le tastiere di Faccio molto “progressive” ed originali.
“Rock Me Shake Me” è una party-song aggressiva e martellante che si riallaccia all’album precedente (“Never Stop Screaming Rock”) ed è, infatti, il primo video – divertentissimo – che ha anticipato l’uscita di “Tales From The Inner Planet”.
“Bad Love Addiction” è l’altro segnale di continuità con il lavoro precedente “Light Of A new Day”: una intro hard rock con Faccio che costruisce strutture Techno AOR su cui si inerpica la voce di Sacco.
Ci avviciniamo alla fine di questo dischetto con “All For One” ed i Myland ci stupiscono ancora con una vera e propria gemma di AOR, quello che “Anytime” è stato per il loro secondo lavoro (“No Man’s Land”): un anthem da inserire subito nella scaletta live e da cantare tutti sotto il palco. “If You Could Say The Same” è l’ultimo brano di questo magnifico album, una slow song che è l’ideale colonna sonora per i titoli di coda.
E mentre i credits scorrono su uno schermo immaginario, la voce di Ruben Sacco ci accompagna fuori dalla “sala”e sull’ultimo grande solo di Hox Martino cala il sipario su quello che è destinato a divenire uno dei capolavori recenti di AOR.
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