Recensione: Tales Of The Crown
In ossequio ad una tradizione consolidata da tempo immemore, ecco presentarsi sul mercato una nuova creatura del biondo lungocrinito di Germania, Axel Rudi Pell, musicista divenuto negli anni garanzia di buona qualità e valore artistico, che i fan hanno imparato ad apprezzare grazie ad una formula di heavy classico misto ad hard rock, idealmente devota ai Rainbow di Ritchie Blackmore.
Da sempre fedele a se stessa e fieramente ancorata a dettami rispettosi di una tradizione antica, la musica di Pell è per tanti, ormai familiare ed accomodante come una rimpatriata tra vecchi amici in un’accogliente ed ospitale taverna.
Un’abitudine piacevole, un approdo sicuro: nulla che possa sovreccitare gli animi oltre i limiti, ma piuttosto un’amabile routine ed una compagnia sempre gradita.
Non sarà certo il nuovo “Tales Of The Crown”, diciottesimo album griffato A.R.Pell, a sovvertire questa teoria mutata pressoché in consuetudine.
Chi sperimenta da tempo lo stile caro al German Guitar Wizard, non troverà, infatti, altro che differenze minime e del tutto trascurabili, con quella che è stata la produzione del recente passato. ”Shadow Zone”, ”Kings And Queens” e ”Mystica”, sono termini di paragone più che validi per descrivere un platter che si innesta senza soverchie difficoltà entro una discografia costruita su capisaldi specifici e cristallizzati nel tempo, in una continuità che si dimostra perseguita anche a livello concettuale e narrativo.
Davvero difficoltoso in effetti, notare le piccole avvisaglie d’ammodernamento di cui Axel narra nel presentare il nuovo capitolo di una carriera ventennale. I suoni più rotondi e le ritmiche pulsanti di basso e batteria, sono artifici marginali che non intaccano un trademark ancora una volta costante e foriero di una doppia considerazione dai risvolti antitetici: un segno di grande coerenza per alcuni, di imperdonabile immobilità artistica per altri.
La scaletta è come d’abitudine, un concentrato di atmosfere calde ed emozionali, erette per lo più su mid tempo cadenzati e vagamente epici in cui, con regolarità tedesca, vanno ad incastrarsi i classici assolo del chitarrista germanico. Sempre notevole la prestazione dei restanti componenti, ensemble di musicisti rodatissimo ed affiatato da anni d’assidua collaborazione.
Spiccano tra le altre, composizioni come “Higher”, “Crossfire” e “Riding Of An Arrow” frammenti di heavy rock color “porpora/arcobaleno“ nobilitati da linee melodiche di buona efficacia e da un paio di ritornelli piuttosto riusciti. Viaggiano piacevolmente anche la solida title track “Tales Of The Crown” e lo strumentale “Emotional Echoes”, mentre si eleva al rango di miglior pezzo la veloce “Buried Alive”, la tipica traccia grintosa ed energica che ricorda da vicino le esuberanze di grandi ellepi come “Eternal Prisoner” e “Between The Walls”. Scorrevoli ma senza picchi invece, le lente “Touching My Soul” e “Northern Lights”, non memorabili ma di certo non sgradite.
Purtroppo di categoria molto inferiore infine, “Ain’t Gonna Win” e “Angel Eyes” in cui – soprattutto nel secondo caso – la reiterazione infinita della strofa centrale produce un effetto deleterio sulla fruibilità dei brani, consegnando agli annali due canzoni tra le meno riuscite nella discografia del “mago” teutonico.
Prevedibile e abitudinario come il più metodico degli artigiani ma, al medesimo tempo, rassicurante ed affidabile come un amico di vecchia data, Axel Rudi Pell non arriva dunque a sconvolgere una trama già scritta e riletta mille volte.
I fan apprezzeranno senza troppe riluttanze, i detrattori proseguiranno nel tacciare il guitar wizard d’immobilismo creativo. Il disco in realtà, non dispiace per nulla e si dimostra, come sempre, un ascolto apprezzabile pur nella sua scarsa spinta innovativa.
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Tracklist:
01. Higher
02. Ain’t Gonna Win
03. Angel Eyes
04. Crossfire
05. Touching My Soul
06. Emotional Echoes
07. Riding On An Arrow
08. Tales Of The Crown
09. Buried Alive
10. Northern Lights
Line Up:
Johnny Gioieli – Voce
Axel Rudi Pell – Chitarre
Ferdy Doernberg – Tastiere
Volker Krawczak – Basso
Mike Terrana – Batteria