Recensione: Tango
Malgrado il suo nome possa ancora risultare abbastanza sconosciuto ai più, Lars Eric Mattsson può certamente essere considerato uno dei chitarristi neoclassici più attivi e prolifici nella scena europea degli ultimi vent’anni: parallelamente ad una carriera solista cominciata verso la metà degli anni ottanta e arrivata nel 2005 al quinto capitolo in studio con lo strumentale Earthbound (questo senza prendere in considerazione la ristampa di No Surrender data alle stampe nel corso dello scorso anno), l’axeman finlandese ha infatti preso parte a numerosi progetti secondari più o meno noti al grande pubblico, tra i quali spiccano sicuramente i Book of Reflections (a fianco del cantante Hubi Meisel), i Vision, i Condition Red (con la partecipazione del tastierista Derek Sherinian) e, soprattutto, i Mattsson, gruppo fondato nel 2000 di comune accordo con il batterista Eddie Sledgehammer. A distanza di due anni dalla pubblicazione del discreto Dream Child, ultimo disco pubblicato sotto monicker Mattsson risalente al 2008, vede ora la luce il quinto full length ufficiale del quartetto scandinavo, intitolato Tango, e pubblicato nel mese di marzo del 2010 dalla finnica Lion Music.
Quello racchiuso all’interno di questo Tango è un sound estremamente variegato e sfaccettato, a cavallo tra progressive metal di chiara matrice neoclassica, progressive rock settantiano e hard rock, a cui vanno inoltre ad aggiungersi svariate influenze che spaziano dal blues, al pop e alla musica etnica, passando infine per vari spunti dal sapore prettamente fusion oriented. Protagonista assoluto del disco può sicuramente essere considerato il chitarrista Lars Eric Mattsson, principale compositore di tutte le tracce qui presenti, impegnato in questo caso anche in veste di bassista e di tastierista, oltre che di cantante (sebbene solamente all’interno di due sole canzoni). Al suo fianco troviamo i due cantanti Adrienn Antal (voce femminile che già aveva preso parte alle registrazioni del precedente Dream Child del 2008) e Markku Kuikka (già cantante degli Status Minor), mentre chiude la line up il batterista Eddie Sledgehammer. Composto da undici tracce (per un minutaggio complessivo di poco inferiore ai settanta minuti di durata), questo Tango ci propone una manciata di brani assolutamente impeccabili sotto il profilo strumentale (il bagaglio tecnico del gruppo può sicuramente dirsi di primo livello), discretamente riusciti quanto a ispirazione, ed estremamente variegati tra di loro. Proprio questa grande varietà a livello stilistico corre però il rischio di trasformarsi in un’arma a doppio taglio per il quartetto scandinavo: se da un lato le composizioni si attestano tutte su alti livelli qualitativi e l’idea di fondo appare davvero molto affascinante e poco scontata, dall’altro questa larghissima commistione di generi proposti (nonostante la componente melodica non manchi affatto all’interno di questo lavoro) finisce per rendere l’intero disco decisamente complesso ed abbastanza ostico da assimilare. Tra gli episodi migliori dell’album possiamo sicuramente annoverare la spagnoleggiante title track, una rivisitazione in chiave rock (con vari spunti di natura neoclassica) di un tango argentino: una scelta non certo usuale per un disco metal, ma in questo caso discretamente riuscita. Molto interessante anche la successiva The Grand Escape, mini suite progressive della durata di dieci minuti che si dipana tra ritmiche intricate, atmosfere arabeggianti (con tanto di sitar, suonato dallo stesso Lars Eric Mattsson) e momenti più riflessivi, mentre invece la strumentale Tour de Force, brano per certi versi ai limiti dello shred, tende a coniugare digressioni chitarristiche di natura prettamente neoclassica con intermezzi acustici e con melodie più ad ampio respiro.
Insomma, rimane poco altro da aggiungere. Disco estremamente eterogeneo a livello di sonorità (basti dare in questo senso un ascolto alla inusuale title track), questo Tango ha dalla sua un songwriting nel complesso piuttosto ispirato, una produzione perfetta sotto ogni punto di vista e una serie di melodie davvero riuscite. La grande varietà di generi proposti se da un lato contribuisce a rendere questo lavoro davvero molto interessante, dall’altro rischia però di rendere il tutto abbastanza difficile da assimilare, lasciando quindi l’ascoltatore medio leggermente spiazzato a un primo approccio. Non ci troviamo certo di fronte a un capolavoro, ma ciò non toglie che questo album dei Mattsson risulti in ogni modo decisamente godibile e meritevole almeno di un ascolto da parte degli appassionati del genere.
Lorenzo “KaiHansen85” Bacega
Discutine sul forum nel topic relativo
Tracklist:
01. Never Stand Down
02. Believe
03. Tango
04. The Grand Escape
05. I’ll Find Another Way
06. Shadows
07. The Scream of my Soul
08. The Fire is Burning
09. Chain Me
10. Tour de Force
11. Slave to the Road
Line Up:
Lars Eric Mattsson – Guitar, Bass, Keyboards, Sitar, Vocals
Adrienn Antal – Vocals
Markku Kuikka – Vocals
Eddie Sledgehammer – Drums