Recensione: Taste the Return
Grazie alle spinte che arrivano sempre più forti e insistenti da più parti che reclamano un ritorno dei vecchi leoni dell’HM italiano degli anni ottanta, anche gli storici Hocculta hanno rispolverato chitarre e Marshall e si sono ricostituiti. Fa particolarmente piacere che sull’onda dell’entusiasmo generato dalle reunion di Crying Steel, Sabotage, Elektradrive e Gunfire oltre alle performance dal vivo di X-Hero e Death SS versione eighties (The Horned God of the Witches tour l’anno scorso) vi sia una mini resurrezione della Nwoihm. A rafforzare questa new wave, non si può non citare la giornata del Gods of Metal di giugno dedicata al metallo italiano, che prevede concerti di band navigate come Extrema, Necrodeath, Fire Trails e Strana Officina nelle vesti di headliner.
In realtà negli Hocculta l’unico rimasto della classic line-up risulta essere il singer Massimo Lodini, ma è anche innegabile che il trademark di un gruppo al 90% lo dà indissolubilmente il cantante. Provate solo a pensare come sarebbe una band come i Motorhead senza Lemmy dietro (ehm… nel suo caso, sotto!) al microfono. Il combo milanese ha rappresentato negli anni ottanta una delle migliori speranze del metallo tricolore: dopo un paio di demo nel 1984 esce Warning Games, il famoso ellepi dalla copertina verde con un’iguana sopra e nel 1989 segue Back in the Dark. Entrambi i lavori riscuotono un discreto successo fra gli appassionati anche se non permettono al gruppo meneghino di fare il decisivo salto di qualità. Ed è un peccato, perché sia su Warning Games che su Back in the Dark di qualità ce n’è molta: il problema risiede, come al solito in quegli anni, nella produzione, assolutamente non al livello dei dischi d’importazione.
Particolarità degli Hocculta è la voce del superstite Massimo Lodini, incredibilmente sovrapponibile a quella di Klaus Meine, famoso singer degli Scorpions. Un inciso: la band tedesca oggi è l’ombra di se stessa ma negli anni ottanta furoreggiava: tanto per capirci non aveva problemi a riempire il Palatrussardi di Milano (già Palavobis e oggi Mazdapalace – se non erro!). Il nuovo mini Cd degli Hocculta consta di tre canzoni, relative al periodo 1985/1986, riarrangiate per l’occasione.
Si parte (e bene) con Over the Desert, all’insegna della melodia e dei chorus che si stampano immediatamente nella mente, riportando ad alcune cose dei Reo Speedwagon, ovviamente in un’ottica più dura. Segue Dishonesty, che si apre con una semplicissima schitarrata dal sapore antico, che mi ha fatto però venire la pelle d’oca. Anche in questo caso la fa da padrone il metal di stampo melodico e da rimarcare vi è l’ottimo lavoro delle due asce Ciccarelli/Giberti, soprattutto nell’arpeggio acustico finale, corto ma efficace. Si chiude con l’immortale cover degli Scorpions Blackout, ottimamente eseguita da Lodini & Company, che restituisce alle luci della ribalta uno dei riff indimenticabili degli eighties: un pezzo=un mito.
Dopo questo inaspettato come back mi auguro che gli Hocculta non si fermino a questo mini Cd, ma puntino alla realizzazione di un full length. I tempi sono maturi per i dinosauri degli anni ottanta, evidentemente i corsi e i ricorsi della storia ci porteranno a un nuovo giurassico, quindi prepariamo le clave e, come sempre: long live HM!
Stefano “Steven Rich” Ricetti