Recensione: Tears Of A White Rose
A volte, quando la carne al fuoco è davvero molta, si dubita maliziosamente sulla qualità del “sapore”, in quanto sospettosi sulla possibilità che tanti ospiti servano solo ad annebbiare (con il fumo della sopra citata grigliata) e confondere le idee, distraendo l’attenzione dell’ascoltatore dalla musica.
Togliamo subito il dubbio e spieghiamo, con calma, l’incipit di questa recensione.
I Sebastien sono una band che, dopo diversi cambi di monicker e di line-up, giunge a noi in questa incarnazione, supportati da una colonna portante del metal europeo, tale Roland Grapow, che presta i suoi studi, la sua produzione, nonché la propria voce e chitarra in più di un episodio di questo lavoro.
Non è solo l’ex-Helloween a dar manforte ai nostri rockers, ma una pletora di ospiti e collaboratori di lusso costella questo (diciamolo) splendido “Tears Of White Roses”.
La band ci propone un sedicente hard rock (in realtà un metal si decisamente melodico, ma indiscutibilmente metallaro tanto nell’intenzione, quanto nei suoni e nella produzione tutta) eterogeneo e dalle molteplici influenze e profumi, valorizzati ed esaltati (e non coperti ed offuscati) dalle diverse partecipazioni esterne, mai come in questo lavoro così passionali e sentite, dando così al tutto,un senso di compattezza e di coerenza davvero piacevolmente convincente.
Si parte con il turbo per uno splendido brano d’apertura, melodico e potente, arricchito dal solo di chitarra di Tom Moren (Arcturus e Jorn, tra gli altri), per poi calare immediatamente “l’asso piglia tutto”, con una splendida linea vocale cantata da Amanda Somerville (Avantasia, Kiske/Somerville) nella successiva “Femme Fatale”.
Nel terzo brano intitolato “Dorian”, una piccola (ma grande ed importante al tempo stesso) parte del nostro Bel Paese, concorre a rendere questa “metal opera” ancor più bella e ricca.
Il nostro Fabio Lione con il suo timbro inconfondibile e la sua voce stentorea, partecipa con trasporto duettando in armonizzazioni e parti soliste con Roland “prezzemolino” Grapow.
Dopo una splendida “Remiel In Flames”, che si distingue per l’ottimo refrain e i riff davvero incisivi e sottilmente originali, giungiamo alla title track.
“Tears Of White Roses” (il brano), ci permette di sentire la voce di Mike DiMeo (Riot, Masterplan), per un brano caratterizzato da un alternanza di atmosfere e continui cambi di tempo, legati comunque a doppio filo da un arrangiamento vocale spettacolare, cornice di una struttura variegata ma non dispersiva. Un brano sì complesso, ma memorizzabile sin dal primo approccio.
Grapow riappare come per magia per cantare nel brano successivo, “Phoenix Rising”, bello, ma forse (caso unico in questo CD) mancante di un adeguato supporto durante il bel ritornello ed il finale in crescendo, dove cori e sovrastrutture vocali avrebbero reso il tutto maggiormente potente e “Rossiniano”.
Qualcuno ha nominato Grapow? Eccolo che presta la sua ascia, supportato alla voce da un carichissimo DiMeo, per la settimana traccia, una “Voices In Your Hearth”, dal riff iniziale davvero strappa-applausi e dalla batteria incessantemente in doppia cassa per un assalto frontale senza esclusione di note.
“Fields Of Chlum (1866 A.D.)” vede ancora la partecipazione di Fabio Lione, in un ritornello che ci ricorda non poco il mood dei primi due dischi dei Vision Divine.
Anche l’ultra impegnato Apollo Papathanasio (Spiritual Beggars, Firewind), presta la sua ellenica ugola ai nostri, per una “Silver Water” foriera di un arrangiamento che valorizza l’ecletticità di un cantante sempre più in crescita ed attualmente sulla cresta dell’onda.
A chiudere questo lavoro, il brano “Black Rose”, diviso in due parti cantate rispettivamente da Doogie White (Rainbow e Malmsteen solo per citarne alcuni) e la già apprezzata Amanda Somerville.
Menzione particolare per i testi, scritti dal poeta cecoslovacco Jan Petri, rappresentano una plusvalenza per un lavoro ottimo e completo.
Concludendo, non possiamo non convenire sul fatto che questo “Tears Of White Roses” sia un disco ottimamente composto, prodotto, arrangiato e supportato da una moltitudine di artisti talentati ed appassionati del proprio lavoro.
Lasciandovi alle parole di uno dei maggiori fautori di questo splendido piccolo capolavoro, non posso che consigliarvi caldamente l’acquisto.
“I put lots of my energy in them because I believe they can wake up the interest abroad and reach the international success.”
Roland Grapow.
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Tracklist:
01. Museé du Satan Rouge
02. Femme Fatale
03. Dorian
04. Remiel In Flames
05. Tears Of White Roses
06. Phoenix Rising
07. Voices In Your Heart
08. Fields Of Chlum (1866 A.D.)
09. Lake Of Dreams
10. Silver Water
11. Black Rose – part I
12. Black Rose – part II
Line up:
George Rain – voci, chitarre
Andy Mons – chitarre
Peter Forge – basso
Rob Vrsansky – tastiere
Radek Rain – batteria
Special guests:
Amanda Somerville (Avantasia, Aina, Kiske/Somerville)
Apollo Papathanasio (Firewind, Spiritual Beggars)
Doogie White (Cornerstone, ex-Rainbow, ex-Yngwie Malmsteen)
Fabio Lione (Rhapsody Of Fire, Vision Divine)
Mike DiMeo (The Lizards, ex-Riot, ex-Masterplan)
Roland Grapow (Masterplan, ex-Helloween)
Tore Moren (Jorn)