Recensione: Teras
Naglfar è, nella mitologia nordica, la nave fatta con le unghie di coloro che sono morti. Ancorata tra le radici di Yggdrasil nel regno di Hel, alla fine dei tempi traghetterà le anime dei dannati verso Bifrost e il Walhalla, conducendoli alla battaglia finale. Ora, se guardiamo alla marca meridionale della Scandinavia, scopriamo che la nave di unghie è già fatta e completa ed anzi, sta solcando i mari nei nove mondi del metal estremo sin dal 1994.
Da allora gli approdi sono stati sei, l’ultimo dei quali era stato Harvest e da ben 5 anni la nave non dava segno di vita, un’attesa molto lunga, anche perché la nave in questione gode del rispetto non solo dei dannati che trasporta, ma anche di molti tra coloro che a Midhgardr adorano la nera fiamma del black metal.
E si può tranquillamente sentenziare che la nave continua il suo viaggio spedita. Il timone permane saldo, la rotta non subisce modifiche ed è ancora orientata ad un black metal classico, teso e senza fronzoli né clean vocals da un lato mentre dall’altro si nota ancora un affinarsi dello stile. Il suono si fa leggermente più elaborato e, a modo suo, melodico, secondo la tradizione per cui il black si basa sulla violenza sì, ma anche su accordi estremamente semplici e tendenzialmente orecchiabili. Lo si nota in modo chiaro nel ritornello di sapore darkthroniano di “Bring “Your Own Dead”, così come nella furibonda “Pale Horse” ma soprattutto nelle composizioni lunghe, come la lenta e misurata “The Monolith”, così come nella mastodontica e conclusiva “The Dying Flame Of Existence”. Ancora, degna di nota la cura per i dettagli e la pulizia sonora impeccabile, sebbene questo elemento, dieci anni or sono, avrebbe indotto conati di vomito a ben più di un purista.
Insomma, i Naglfar, appartenuti assieme ai Marduk e a pochi altri all’ondata svedese del black metal (di poco successiva a quella norvegese e per questo sempre soggetta a complessi d’inferiorità), continuano la loro marcia verso Bifrost. Non entreranno mai probabilmente nel Walhalla del true norwegian, non per questioni nazionali, ma perché di quella stretta cerchia di band faranno parte poche band, quelle che il genere lo hanno fondato, e nessuno potrà più entrarvi. Rimane la certezza di una band più che onesta che ha trovato la sua dimensione, nonostante il cambio di cantante. E sebbene la carriera degli svedesi non subirà particolari scosse continuerà a fare egregiamente il proprio lavoro. Nel frattempo, ricordatevi di tagliare le unghie ai morti, prima di seppellirli.
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Formazione
Kristoffer “Wrath” Olivius – basso, voce
Andreas Nilsson – chitarra
Marcus “Vargher” Norman – chitarra
Tracklist
01. Téras
02. Pale Horse
03. III: Death Dimension Phantasma
04. The Monolith
05. An Extension Of His Arm And Will
06. Bring Out Your Dead
07. Come Perdition
08. Invoc(H)ate
09. The Dying Flame Of Existence