Recensione: Terra Damnata
“Terra Damnata” è un impeto di angoscia densa e palpabile che irrompe nelle quiete dell’immaginazione disseminando caos e delirio. Il quinto album degli americani Nightbringer è un fiume intriso di malvagità dal percorso inverso. Le acque torbide di “Terra Damnata” risalgono dall’oceano per essere ingoiate dalla propria sorgente e ribollire nel cuore del pianeta.
Il disco possiede un’anima solida e magnetica che sembra nutrirsi della crudeltà terrena per poi nascondersi e proliferare sotto la banale consuetudine di ogni giorno. “Terra Damnata”, come una scure, si abbatte sulla fragilità del genere umano con un sound efficace dall’impatto devastante. I sei musicisti imbastiscono orchestrazioni diaboliche che si lasciano infettare da virulente atmosfere inquietanti nelle quali si moltiplicano sonorità suggestive. L’opera vanta un black metal dalle sfumature moderne capace di diffondersi come un’atroce malattia e assorbire l’oscurità primordiale dei padri del genere, Emperor su tutti.
Sono necessarie diverse visite in questo girone di dannati per apprezzarne a pieno il fascino e la struttura articolata sulla quale resta in equilibrio. A prima vista una distesa di fiamme e fumo lasciano intravedere ben poco, ma una volta addentrati nella nuova dimora dei Nightbringer le cose prendono una forma inaspettata dal potere attrattivo. Le stratificazioni sonore, architettate dalla band, sono come le dita affusolate di una mano dalle unghie appuntite che scavano nella mente lacerando le membra. I riff così taglienti ed asfissianti delle chitarre guidano una ritmica vorticosa e forsennata che viene scatenata dal notevole combo basso e batteria. L’impietosa voce di Ar-Ra’ ad al Iblis è tanto viscerale quanto graffiante, le sue grida raccapriccianti spalancano le porte dell’oblio ed i toni più profondi imprimono un solco sulla lenta avanzata di un incubo senza fine.
Il livello di agonia che si respira in questa “Terra Damnata” è molto alto. Un tormento radioattivo che penetra l’anima lasciandola sospesa in un limbo terrificante nel quale i brevi attimi di luce rendono l’idea di quanto sia oscuro e profondo il paesaggio desolante plasmato dalla band statunitense.
I Nightbringer, nel corso dei cinquanta minuti, mostrano un solo difetto. I Nostri, infatti, tendono a rispecchiarsi troppo nel proprio io: un riflesso mistico ed esoterico stupefacente che rischia, col trascorrere del tempo, di offuscare l’aurea attrattiva di un disco molto intrigante. Malgrado ciò l’album resta un lavoro brillante nel quale a distinguersi particolarmente ci sono pezzi come ‘Of The Key And Crossed Bones’, ‘Let Silence Be His Sacred Name’, la strumentale ed evocativa ‘The Lamp Of Inverse Light’ e ‘Serpent Sun’, il primo singolo estratto da questo nuovo album.
“Terra Damnata” è il soffio gelido che spegne la candela della ragione ed apre un varco contemplativo che vi trasporterà in un turbine di straordinaria follia indomabile. Un black metal impregnato di ammorbante passione.