Recensione: Terra Incognita
Ian Parry è senza dubbio uno degli interpreti più importanti nella storia del prog metal europeo, ha posto la sua firma su capolavori discografici come “Manifestation of fear” con i suoi Elegy, ha portato la sua musica oltre i confini e gli stereotipi del progressive con la creatura Consortium Project che giunge alla terza pubblicazione sulla lunga distanza.
Avevo diciassette anni quando, ancora liceale, andai a Biella a vedere gli Elegy coheadliners dei Kamelot in una serata memorabile per gli amanti del power-prog. In quella sede Ian Parry si rivelò un vero maestro delle corde vocali, un artista completo e raffinato capace di emozionare con una voce potente e personale. I Consortium Project sono un laboratorio sonoro in cui Ian Parry ha coinvolto i maggiori esponenti della scena power-prog europea, in questo nuovo capitolo discografico troviamo: Stephan Lill chitarrista dei Vanden Plas, Casey Grillo batterista dei Kamelot, Jan Bijlsma bassista dei Vengeance (ex band dello stesso Ian Parry), Joshua Dutrieux tastierista degli Elegy. A loro si uniscono vari cantanti a generare un progetto ambizioso, diretto sotto ogni punto di vista da Ian Parry che è autore dei brani, dei testi e degli arrangiamenti.
In piena tradizione progressive questo “Terra incognita” è un concept di stampo new age, una storia ambientata in un futuro lontano dove la società è stata distrutta. Un popolo sotterraneo vissuto per secoli all’insaputa degli “esterni” ha continuato a prosperare grazie a una società impostata sul rispetto e sulla concordia. Questo popolo entra in possesso di una serie di tavole di pietra incise che riportano la storia della decadenza degli esterni. In tempi remoti il mondo in superficie nascondeva un’oasi libera dall’inquinamento e dalla rovina portata dagli uomini. Si trattava di un’isola dove alcuni esterni vivevano ancora in armonia con la natura e con i loro simili. Parte una ricerca di questa terra incognita che conduce alla riscoperta delle tracce di una società decaduta per sua stessa colpa, il disco è terso di un sentimento positivo e critico nei confronti del nostro modo di vivere ricordando in questo il progressive degli anni settanta. La produzione del disco appare più essenziale rispetto ai due lavori precedenti dei Consortium Project favorendo il lavoro della sezione ritmica a scapito di parti orchestrali quasi del tutto assenti. La voce di Parry è assolutamente sovrana del sound del gruppo ma non vengono omessi spunti strumentali di grande avolere artistico e tecnico.
Si parte con la potenza di “Council of Elder” una brano dinamico e raffinato che si avvicina al sound dei primi Kamelot anche se possiede una melodia più ariosa e solare, Ian Parry si dimostra subito pienamente ispirato e convincente con la sua timbrica inconfondibile. Molto efficace e fluida “Spirit of kindness” ripropone la velocità e lo stile energico della opener ma nasconde un cuore progressivo maggiormente sviluppato, anche in questo caso il mood del brano appare luminoso e positivo in piena armonia coi testi. I Consortium Project spingono su soluzioni molto ambiziose e personali con “The ark” una nuova prova di capacità tecnica ed esecutiva, in questo caso l’intento progressivo del disco emerge innegabilmente. Il registro sonoro del platter viene modificato con la successiva “Lost empire” che porta i Consortium Project verso lidi oscuri e strutture intriganti capaci spezzare l’atmosfera respirata fin qui. In questo brano Ian Parry riscopre il cantato graffiante di “Forbidden fruit” uno dei dischi più sottovalutati della carriera degli Elegy. Meno ritmata e sperimentale “Reductio ad adsurdum” mostra le capacità compositive del cantante in questione, la scelta degli strumentisti si rivela azzeccata e in breve il brano si trasforma in una severa lezione di capacità e stile. Insolitamente tribale “White sands” costruisce l’ambientazione sonora di un paradiso perduto in mezzo all’oceano, i Consortium Project rileggono questo canovaccio in chiave progressive metal, il brano risulta comunque piacevolmente indefinibile. Si ritorna al classico sound progressivo tipico della band con “Great exploration” una composizione articolata e dinamica che rivela un’anima strumentale di caratura altissima. Con “Nemesis” e “Beyond the gateway of legends” Ian Parry mostra di saper equilibrare spunti progressivi e una sezione ritmica cambievole, il risultato è notevole ma richiede alcuni ascolti per poter essere compreso in pieno. La conclusiva “Terra incognita” è una canzone lunga e molto articolata, vari movimenti si alternano riassumendo le caratteristiche artistiche del disco e ribadendo la qualità emersa in precedenza.
Per gli amanti del prog metal direi che l’acquisto è quasi scontato, ma mi sento di consigliare questo lavoro anche a coloro che guardano il mondo del progressive con distacco temendo di incappare in lavori prolissi e incomprensibili. I Consortium Project possiedono una forte anima melodica che consente loro di poter essere apprezzati anche da chi non è abituato a sonorità progressive.
Tracklist:
1 The council of eleders
2 Spirit of kindness
3 The ark
4 Lost empire
5 Reductio ad adsurdum
6 White sands
7 California lighthouse
8 Across the seven seas”
9 Nemesis
10 Beyond the gateway of legends
11 Terra incognita