Recensione: Terror Squad
Speciale Artillery – puntata II
Al termine di un semestre carico di lavoro e di speranze, nel 1986 arrivano le prime soddisfazioni in casa Artillery: a dispetto della pressoché nulla spinta da parte della Neat Records (che aveva ingenuamente pronosticato ben altri dati di vendita per Fear Of Tomorrow), il five-piece danese riesce ad organizzare un pacchetto di concerti a supporto di Slayer e Destruction che scatenano i fan di mezza Europa. Con il trascorrere dei mesi cresce l’interesse di pubblico e addetti ai lavori per la pubblicazione di nuovo materiale: si attende il disco della maturità.
Non c’è tempo da perdere, e tra settembre e ottobre dello stesso anno gli Artillery si rinchiudono nei rodati El Sound Studios di Copenaghen per registrare un nuovo capitolo della propria storia.
Terror Squad è pronto nel 1987, e, fatta eccezione per la copertina letteralmente penosa (per la quale bisogna ringraziare i responsabili della Neat, che costrinsero la band a realizzarla senza una lira – nello specifico si tratta di un disegno del chitarrista Jørgen Sandau), si tratta di un album che sorpassa nettamente il pur valido debutto. Tutto ciò che di buono era stato espresso con il precedente Fear Of Tomorrow viene qui ripreso e portato ad un livello qualitativo superiore, a partire dall’avvincente complessità delle nuove composizioni: il progresso tecnico maturato nel giro di un anno e mezzo è assolutamente notevole, un valore aggiunto ad un set di brani che, di per sé, hanno già i numeri sufficienti per far impazzire qualsiasi fanatico del thrash old-school.
La canzone-simbolo dei nuovi Artillery è senz’altro In The Trash, per due motivi: oltre a vantare una decina di riff ad alto voltaggio eseguiti con precisione chirurgica (l’assalto iniziale è entrato di diritto nell’antologia del thrash europeo), il pezzo è mirabilmente arricchito da un testo impegnato, polemico nel suo attaccare senza mezzi termini il sistema. ‘You fight wars with words – and act so polite / But still you decide – what is good and right / But don’t you forget – that time conquers all / Usurers die – and empires fall‘ minaccia Flemming Rønsdorf dietro al microfono: una novità assoluta per una band che fino a pochi anni prima si dilettava con tematiche trite e ritrite nel panorama estremo.
Come è giusto che sia, specie in un genere come questo, è però la freschezza in sede di songwriting a fare la differenza, e Terror Squad non fa eccezione: ‘all killers no fillers‘ per riportare un celebre motto, otto brani in cui la potenza straripante del combo danese è finalmente sorretta da una produzione adeguata, corposa nelle parti di chitarra e generosa con la sezione ritmica (messa in ombra nelle registrazioni precedenti). Lo stile dei cinque di Taastrup si è evoluto in un thrash metal tecnico e dinamico, infarcito di cambi di tempo e partiture decisamente più complesse (senza tuttavia compromettere l’immediatezza dei pezzi, la cui durata supera raramente i tradizionali quattro/cinque minuti), il tutto al servizio di un Flemming Rønsdorf in stato di grazia.
Se la già citata In The Trash è candidata alla palma di miglior composizione del platter, il resto del materiale non è assolutamente da meno, al punto da rendere davvero ardua la scelta di questo o quel titolo. Degna di menzione è senz’altro la fenomenale opener The Challenge, colonna sonora ideale per l’headbanging più sfrenato: l’iniziale, ispiratissimo riff è solo un dettaglio di una song senza punti deboli, che si dipana attraverso ritmi serrati a tutta velocità. Altro highlight assoluto è la title-track – un mid-tempo granitico che nel giro di due minuti accelera vorticosamente -, tassello conclusivo di una tripletta di brani che non teme paragoni con nessuno.
Anche il lato B ha i suoi assi nella manica, che rispondono al nome di At War With Science (altro giro, altra esplicita denuncia – questa volta tocca ai test nucleari molto in voga in quegli anni) e Hunger And Greed, ennesima mazzata in un album che non teme cali di intensità.
Terror Squad è un disco che non può passare inosservato, e una risposta positiva del pubblico non tarda ad arrivare: a poche settimane dall’uscita non si contano le recensioni entusiastiche, che dipingono la nuova creazione dei danesi come un’opera fondamentale di tutto il thrash metal europeo. Per gli Artillery sembra fatta, e invece la beffa è dietro l’angolo: la Neat, ormai concentrata su nuove proposte da lanciare, rescinde il contratto.
È dunque riservata una fine ingloriosa ai dominatori del thrash scandinavo? Assolutamente no, o almeno non per il momento. Per chi non lo sapesse, il meglio deve ancora arrivare.
Nota a margine: data la difficile reperibilità dei primi due lp (courtesy of Neat Records), la Roadracer ha ripubblicato nel 1990 i due lavori in un unico cd, con un artwork differente curato da Robert De Matteo (ispirato alla copertina di Terror Squad). Per evidenti limiti di durata, riproporre le due tracklist complete si è dimostrato impossibile: inevitabile pertanto la scelta di omettere due brani da Fear Of Tomorrow, nella fattispecie King Thy Name Is Slayer e la title-track.
Line-up:
Flemming Rønsdorf – lead vocals
Michael Stützer – lead guitar
Jørgen Sandau – rhythm guitar
Morten Stützer – bass
Carsten Nielsen – drums
Track-list:
01 The Challenge
02 In The Trash
03 Terror Squad
04 Let There Be Sin
05 Hunger And Greed
06 Therapy
07 At War With Science
08 Decapitation Of Deviants