Recensione: TerrorVision
Dovevano arrivare al decimo full-length in carriera, i belgi Aborted, per abbandonare le tematiche gore, probabilmente ritenute obsolete ma soprattutto scontate. Quelle di “TerrorVision”, invece, attraverso la lente narrativa dei film horror degli anni ’80, trattano dei mass-media e di come, in generale, essi siano una sorta di presenza diabolica e demoniaca in grado di manipolare l’opinione pubblica diffondendo odio, paura, fanatismo, terrore, razzismo.
Soggetto che, inevitabilmente, condiziona anche lo stile, divenuto cupo e glaciale nella rappresentazione di un death metal dall’altissimo livello qualitativo, tra i migliori al Mondo. Gli Aborted traboccano esperienza da tutti pori ma ci mettono il loro talento e la loro classe, nel definire i dettami inamovibili del genere suddetto in pieno 2018 A.D.
L’impatto frontale del suono delle song di “TerrorVision” è spaventoso, pazzesco, sprizzante energia ai massimi livelli producibili da esseri umani forniti di strumenti musicali. Non solo, anche Sven De Caluwe si pone in evidenza come uno dei migliori vocalist del metal estremo, nella sua straordinaria interpretazione delle linee vocali con un growling deciso, profondo, con un leggero flavour d’inhale, perfetto nel suo controllato equilibrio fra furia demolitrice e intelligibilità.
Se a esso si aggiungono due chitarre del calibro di Mendel Bij De Leij e Ian Jekelis, nonché il basso di Stefano Franceschini e la batteria di Ken Bedene, ciò che si ottiene è un terrificante wall of sound, coeso, compatto, gigantesco, titanico, ma non monotono. Le canzoni di “TerrorVision”, difatti, obbediscono con fedeltà assoluta al ridetto stile del combo di Beveren ma si differenziano fra loro in maniera tale da creare un insieme longevo, sempre atto a regalare qualcosa in più a mano a mano che si ripetono i passaggi.
A parte l’intro sgrammaticato ‘Lasciate Ogne Speranza’, errore che si può e si deve perdonare ai Nostri per la loro immensa fedeltà alla causa e alla loro capacità di creare brani totalmente devastanti, da sfascio cerebrale. Come per esempio la violentissima ‘Farewell to the Flesh’, peraltro indicativa, inoltre, di una tecnica individuale elevatissima, spesso combaciante con quella del technical death metal.
“TerrorVision” è privo di melodia, e questo si poteva immaginare, dati i trascorsi del quintetto dell’East Flanders, tuttavia non esagera con dissonanze e accidenti musicali vari. Le tracce (‘Visceral Despondency’), nella loro esagerazione sonora, sono accattivanti, quasi… irresistibili, almeno per i palati dediti al metallo della morte. Non si è esagerato con nel complicare la composizione, cioè, mantenendo costantemente una certa linearità di scrittura, la quale consente di accedere al platter con relativa facilità e naturalezza.
Si può godere di un mood tetro e oscuro (incipit di ‘Vespertine Decay’), come più su evidenziato, che non trascenda nelle oscurità del black. Con che si può affermare con certezza che “TerrorVision” non è un full-length né di technical, né di blackened, tantomeno di brutal: è, invece, una grandiosa, pura e semplice opera di death metal. Talmente ben costruita da chiudere il cerchio su cosa si intenda, oggi, per death metal, appunto.
La bravura nello strutturare i pezzi, da parte degli Aborted, è tale da dar luogo a episodi mai noiosi, sempre esplosivi, indicativi di un genere che può ancora regalare molto, al metal in generale.
A patto di chiamarsi Aborted, naturalmente.
Daniele “dani66” D’Adamo