Recensione: Testimonio De Bautismo

Di Daniele D'Adamo - 20 Febbraio 2016 - 18:38
Testimonio De Bautismo
Band: Stillborn
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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82

A cinque anni di distanza dall’attacco termonucleare materializzatosi sotto forma di album intitolato “Los Asesinos Del Sur”, tornano all’assalto i polacchi Stillborn. Per apportare nuova linfa alla spaventosa, cosiddetta Asesinos Era con “Testimonio De Bautismo”, quinto full-length in carriera, contraddistinto dal tradizionale titolo in spagnolo ma dai testi, stavolta, in lingua madre.

Il tempo passa per tutti, e quindi anche per Killer e August, anima e corpo della band cui si è aggiunto Hunger nella trasformazione da quartetto a terzetto, avvenuta nell’ultimo lustro. Tuttavia, non mutano rabbia, disperazione e furia demolitrice; emozioni schiette e genuine, nel cuore nero dei Nostri. Il sound, anzi, si è fatto ancora più grezzo, aggressivo, involuto. Quasi a dimostrare che la strada da compiersi è quella rivolta al contrario, quella dell’empietà, quella dell’accettazione della non-vita. Valori completamente negativi, che rispecchiano l’attuale società umana, votata alla dissoluzione, all’egoismo, alla crudeltà, alla sopraffazione. Tutto reso in musica, alla perfezione, dall’indescrivibile trio di Mielec.

Il death degli Stillborn, infatti, non lascia spazio ad alcuna sofistica interpretazione, talmente è tanta la devastazione, l’annichilazione, l’annientamento; produzioni di uno stile fondato direttamente sullo strato più arcaico del genere appena menzionato. Difficile trovare qualcosa che regga la collera primigenia di “Testimonio De Bautismo”, racchiusa in poco più di mezz’ora di tormento, di agonia, di sfacelo per i timpani.

Mediante song terremotanti quali per esempio la spaventosa “Ancykryst”, Killer e i suoi due compagni d’incubo tratteggiano scenari apocalittici, ove regnano rassegnazione e morte. Così come raffigurate nell’immagine che accompagna il platter e che immortala tre cupi individui incappucciati immersi nel buio, con un cappio a far da lanterna appesa a un ramo di un albero. Una fotografia forte, decisa, ai limiti della sopportazione, che accompagna idealmente riff scarificatori del tipo di quelli innalzanti il mostruoso muro di suono di “Upiór”.

Non è solo nell’impareggiabile stile, però, che gli Stillborn si rivelano dei campioni. Anzi, forse di più è nelle canzoni che si percepisce ciò che rende super qualcosa che per la massa è normale: il talento compositivo. Tale, anche in “Testimonio De Bautismo”, da rendere addirittura memorizzabili con facilità brani teoricamente inascoltabili come “Odezwa”, violentissima scudisciata sui denti. Trance totale da hyper-speed in “Modlitwa Poganina”; vertiginoso, lisergico viaggio nella rarefazione atmosferica ove nascono i blast-beats, alimentati in modo indescrivibile dalla tentacolare bravura di Augus.

L’incredibile rivisitazione di “Burst Command Til War”, leggendario pezzo dei Sodom di “In The Sign Of Evil” (1984), stravolto e massacrato dalla piena schizofrenia sino a renderlo irriconoscibile, è l’ennesima manifestazione di una marcia in più rispetto alla maggior parte delle formazioni che praticano il death metal ortodosso, anche le più decise e risolute.

A chiudere la pazzia messa in musica è il capolavoro doomoso “Apocalyptic Hymn Of Satanic Warriors”, raccapricciante accelerazione da blande battute – appunto – a impensabili, intollerabili velocità da allucinazione totale.

L’Era continua. Assolutamente. 

Daniele D’Adamo

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