Recensione: The Age Of Dumb
A tre anni di distanza dal buonissimo “Vid Helvetets Grindar” gli svedesi Afgrund sfornano la loro nuova creatura ‘a trentatré giri’: “The Age Of Dumb”. I simboli disegnati nella copertina del full-length, assieme all’evidente impossibilità (sic!) del protagonista di spiccare parola, fanno capire che Armin Schweiger e soci mantengono sempre alto l’impegno – anche se condito da un’abbondante dose d’ironia – nell’affrontare temi di attualità a sfondo politico-sociale. Una caratteristica, questa, che segue pedissequamente la filosofia che, spesso, fa parte del bagaglio culturale degli ensemble che praticano hardcore e, nel caso specifico, grindcore.
Un grindcore violentissimo, senza nessun compromesso in ordine alla volontà di suonare più forte possibile, in totale coerenza con la linea tracciata dai precedenti lavori (“Hjärtslag Och Djupa Andetag”, demo, 2006; “Afgrund/Relevant Few”, split, 2007; “Svarta Dagar”, full-length, 2007; “Vid Helvetets Grindar”, full-length, 2009; “Corporatocracy”, EP, 2011). Se possibile, quindi, in modo ancora più estremo rispetto a quanto fatto con il precedente album: un’impresa apparentemente impossibile ma che, quasi incredibilmente, trova il quartetto di Stoccolma vincitore. Difficile, difatti, trovare in giro qualcosa che suoni più radicale di “The Age Of Dumb” senza, ovviamente, finire nel caos e nella cacofonia. Disordine che, malgrado i terribili valori di BPM sparati dalla batteria di Panu Posti, è tenuto costantemente lontano dalle tracce del platter. Sintomo evidente, questo, di una notevole chiarezza d’idee e, soprattutto, di una tecnica apparentemente rozza quanto invece sopraffina. Ma, anche, di un’energia interna incredibile che si percepisce in ogni nota del disco e che si manifesta con l’impeto di un tornado. Certo, l’innesto di Schweiger (voce) e di Olli Nokkala (chitarra) al posto del defezionario Andreas Baier (chitarra e voce) non è un fatto di secondaria importanza, tuttavia l’erculea possanza che muove l’anima degli Afgrund si è manifestata sin da subito, in essi. Sin può quindi affermare che, con la formazione attuale – che separa la voce dalle mani che suonano la chitarra – gli scandinavi abbiano trovato la soluzione perfetta per trasformare con la massima efficacia la propria sterminata esuberanza in muri di onde sonore. La bravura degli Afgrund, inoltre, si manifesta nella loro incredibile coesione di squadra: presi uno a uno, Nokkala e compagni non sembrano poi emergere così tanto dalla marea uniforme di colleghi che praticano lo stesso genere musicale. Assieme, diventano potenti e singolari come una corazzata da guerra; come se ciascuno di essi amplificasse l’altro in un crescendo iperbolico che si potrebbe ben definire rossinano.
Per questi motivi, pur durando solo ventisei minuti, “The Age Of Dumb” è un lavoro di un’intensità clamorosa, capace di stordire anzi annichilire anche l’appassionato più aduso alle sonorità ‘impossibili’ del grindcore. Le canzoni, pur essendo assai brevi come da copione, si srotolano l’una dopo l’altra bombardando letteralmente l’ascoltatore sotto una gragnuola di colpi. Peraltro, senza mai annoiare. Oltre a pestare come dei fabbri arrabbiati, gli Afgrund non disdegnano di abbozzare passaggi un po’ meno forsennati (come il robusto mid-tempo (iniziale) di “Beaurocrap”, il dark metal di “Bullets Are Forever” o l’hardcore di “The Carrier”), non mancando tuttavia di variare sempre e comunque la dose degli ingredienti di cui sono fatte le song del CD, rendendo la struttura dello stesso agile e snella. È però negli ipnotici momenti sfascia-tutto che i nordeuropei danno il meglio di sé. Brani come “Living The Nightmare” e, soprattutto, la successiva “The Might Of A Nation” capovolgerebbero anche un carro armato, talmente riescono a essere allo stesso tempo trascinanti e parossisticamente veloci: gli inumani blast-beats di Posti, difatti, pur essendo quasi assurdi per la loro frequenza, non ‘tappano’ affatto il suono ma anzi lo rendono sempre fluido e dinamico.
Chi dovesse pensare che il grindcore sia un genere chiuso in se stesso, privo cioè di margini di manovra da un cliché consolidato o peggio vetusto, con “The Age Of Dumb” si dovrà ricredere. Gli Afgrund, con la loro straordinaria bravura, dimostrano che, quando c’è, la classe consente di affrontare vittoriosamente, con profitto, qualsiasi genere del metal estremo. Grindcore compreso, appunto.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Life And Death Of A Broiler 1:28
2. Living The Nightmare 0:59
3. The Might Of A Nation 0:59
4. H.A.A.R.P.Y. 1:53
5. Beaurocrap 1:22
6. Carniwars 1:26
7. Genocide To Glorify 1:33
8. Repaint The Truth 1:12
9. An Aggregation Of Misfortune 1:17
10. Discorporate 1:48
11. The War On Drugs 1:49
12. Planet Monsanto 1:19
13. Le Grand Illusion 1:37
14. Nuclear Hazzard 1:40
15. Life Banned 1:08
16. Bullets Are Forever 1:45
17. He Who Plants Sorrow 2:08
18. The Carrier 1:23
Durata 26 min.
Formazione:
Armin Schweiger – Voce
Olli Nokkala – Chitarra
Enrico Marchiori – Basso
Panu Posti – Batteria