Recensione: The Agony & Ecstasy of Watain

Di Manuele Marconi - 26 Aprile 2022 - 0:34
The Agony & Ecstasy of Watain
Band: Watain
Etichetta: Nuclear Blast
Genere: Black 
Anno: 2022
Nazione:
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70

Fra i gruppi più importanti e riconosciuti nel panorama black svedese rientrano i Watain, in attività ormai da tanti anni – gli esordi risalgono al 1998 – che hanno però manifestato negli anni un lento ma costante declino, accompagnato da una generale tendenza ad ammorbidire il proprio sound; scelta che di certo non ha favorito un movimento contrario alla discesa, non nei fan della prima ora per lo meno. A distanza di quattro anni si ripresentano sulla scena musicale con “The Agony & Ecstasy Of Watain”, sarà il colpo di coda che sovvertirà il cammino della loro parabola?

Il disco spara quasi subito le sue cartucce migliori: la opener e la traccia successiva, “The Howling”, rappresentano due episodi fra i più riusciti del disco. La prima risulta infatti fresca e accattivante (come un pezzo d’apertura deve essere), mentre il brano seguente riprende un po’ lo stile melodico diventato ormai di stampo dei nostri, ma mantenendo comunque una certa ruvidità nel suono, che non lo rende troppo morbido all’ascolto. La traccia successiva riassume in parte la sostanza dell’album: “Serimosa” non è un pezzo brutto, intendiamoci, ma non lascia granché all’ascoltatore. Da un punto di vista strutturale risulta davvero ben fatta: ha una dinamica davvero eccellente, con una struttura che potrebbe essere idealmente sinusoidale (andate e ritorni ritmici continui, ben scanditi ma fluidamente connessi e riprodotti in maniera ciclica), ma la mancanza di incisività a livello compositivo la rende semplicemente un episodio ben strutturato. Si poteva fare di più, poteva essere una base per scrivere un brano più personale. Definizione che può essere estesa praticamente a tutto il lavoro, con la sola eccezione di “Leper’s Grace”, che risulta forse la killer track dell’intero lavoro: aggressivo ed arrembante, un po’ più tipicamente swedish black metal, ma vario, dinamico e divertente da ascoltare. Un grande peccato è sicuramente la riuscita di “Before The Cataclysm”, brano più lungo del disco (abbatte il muro dei sette minuti) e quello con la struttura più completa (e complessa se vogliamo). Anche qui però c’è un problema: l’ascolto risulta molto gradevole, ma il pezzo si esprime al suo massimo ben prima della sua conclusione. Gli ultimi due minuti non aggiungono davvero nulla, anzi, e allungano senza alcun motivo un brodo che sarebbe stato perfetto in cinque dignitosissimi minuti, che tra l’altro è la durata media dei brani del disco.

Quest’album sa molto di occasione sprecata: il terzetto di Uppsala ha piantato i piedi appena prima del traguardo. Con un po’ di cura in più avrebbe potuto essere davvero un ottimo disco, ma così confezionato il bicchiere risulta inevitabilmente mezzo vuoto. Meglio degli episodi peggiori, (molto) peggio dei migliori, un limbo che lascia i Watain ancora impantanati nella loro dimensione passata e, a questo punto, attuale.

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