Recensione: The Amulet

Di Stefano Ricetti - 24 Marzo 2025 - 7:48
The Amulet
Band: Morax
Etichetta: High Roller Records
Genere: Heavy 
Anno: 2025
Nazione:
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66

Molto difficilmente i progetti solisti dei vari artisti che si cimentano in tutta quanta la realizzazione di un proprio lavoro riescono per davvero a entusiasmare. Fenomenologia che possiede un perché di fondo, al di là della resa in termini musicali: l’heavy metal NON è un genere da studio, la sua collocazione naturale è sulle assi di un palco e in casi come quelli sopraccitati per evidenti ragioni fisiche è impossibile che uno possa presentarsi in una dimensione live e poi riuscire a suonare l’intera strumentazione a disposizione. A meno che non esista una sorta di metallaro-polipo in grado di farlo.

Il progetto Morax prende piede in quel di Bergen in Norvegia, la città degli Immortal, nel 2023, per mano di Remi Andrè Nygård, artista dal passato Thrash che pone le basi per il proprio debutto su full lenght con The Amulet, qui recensito nella su versione in Cd. L’uscita prevede anche il vinile a 33 giri e la musicassetta. Il prodotto, licenziato sul mercato dalla High Roller Records, si accompagna a un libretto di sole quattro pagine con tutti i testi riportati in caratteri piccolissimi e le note tecniche di rito nell’ultima facciata. E proprio su questa si scopre che Nygård si è occupato in prima persona di tutto quanto afferente la sfera musicale fuorché la copertina, griffata Solomacello.

The Amulet consta di tredici brani per un’ora abbondante di ascolto. Da segnalare che le ultime cinque tracce costituiscono per intero Rites and Curses, l’EP del 2023 che diede i Natali a Morax.

Riguardo le prime otto trattasi fondamentalmente di HM classico dal buon tiro e dalle tinte oscure che poggia il proprio costrutto su svariate influenze, a partire dagli anni Settanta sino ad arrivare al Thrash, ossia il territorio di caccia preferito da Nygård. Innegabili poi i richiami ai vari Mercyful Fate (“The Snake”, “Inverted Church”) e Black Sabbath (“A Thousand Names”, “Seven Pierced Hearts”).

Urge però sottolineare che Remi Andrè Nygård non sia un fenomeno dietro al microfono, tanto che se nei Morax vi fosse stato un cantante di ruolo il risultato finale sarebbe stato differente anche se va rimarcato che con il suo approccio alla tedesca in molteplici passaggi l’ugola del norvegese risulta comunque funzionale a quanto prodotto.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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