Recensione: The Antichrist Imperium
Il metal è un genere musicale grande, smisurato, infinito a causa dei suoi generi, sottogeneri e sottogeneri dei sottogeneri. E’ un genere vasto quando chiuso e sicuramente tra quelli che nel corso della sua storia è stato in grado di commettere più errori in assoluto. Una delle impagabili bellezze del metal è il suo essere pane per denti di segugi musicali perennemente affamati e in costante caccia di questi errori. Perché usiamo questa parola? L’affossare band, o il non celebrare giusti onori verso moltissimi act meritevoli può tranquillamente essere chiamato errore, o sbaglio, o cazzata se più vi compiace. Vi sono tantissimi gruppi là fuori in grano di sbaragliare l’attuale proposta di genere con dischi incisi anche 10 anni fa; oggi quindi siamo qui per rendere giustizia ad un errore che si chiama Akercocke. Inglesi, attivi dal 1997, geniali, fin troppo geniali e tecnicamente sciolti nel 2012, proponevano un black/death metal sì classico ma fortemente ibridato con scelte musicali piuttosto insolite per non dire bislacche. Si sa, nel momento in cui sperimenti davvero e bene, nella maggior parte dei casi verrai capito anni dopo lo scioglimento; in caso contrario benvenuto nel dimenticatoio! Oggi, in seguito all’avvento di moltissime forme d’espressione che finalmente non fanno dell’ortodossia il proprio punto focale, possiamo anche tornare a parlare di Akercocke e di musica estrema con la E maiuscola. Se siete appassionati di cose insolite e cercate soluzioni criptiche, mai banali alternate a momenti tritaossa andatevi a procurare tutti i dischi dei gentlemen inglesi e non ve ne pentirete affatto. Dicevamo, il nome Akercocke è sciolto dal 2012, ma nel 2014 uscì un capolavoro chiamato London creato da una band di nome Voices; nella line up 2/4 degli Akercocke e nel disco quel sound inconfondibile in grado di rapire solo i più attenti e tenaci ascoltatori che da sempre contraddistingue i nostri. Nei primi mesi del 2016 verrà anche ristampato The Goat Of Mendes, secondo album di casa Akercocke risalente al 2001.
Vi starete di certo chiedendo il perché di tutta questa manfrina sotto un disco chiamato The Antichrist Imperium, semplice: questo a tutti gli effetti è un disco degli Akercocke. Si tratta semplicemente di idee rimaste in un cassetto dal 2007, anno in cui uscì Antichrist, ultimo parto della band, che possiamo oggi ascoltare finalmente ultimate e date alle stampe.
The Antichrist Imperium è un prodotto micidiale e allo stesso tempo grezzo e raffinato, composto da sette pezzi di durata più o meno alta. Come spiegato, parliamo di una band che fa degli ibridi il proprio punto di forza: potete quindi trovare dal death metal più tagliente e feroce e con un growl assassino alternato a bislacchi momenti con chitarra e voce pulita e un bel blast beat ad accompagnare fino alla proposizioni di sprazzi progressivi e anche ariosi (!). Sembra la descrizione dell’orrore in musica, ma questa è una delle pochissime band che riesce a far funzionare il tutto come il demonio comanda. The Antichrist Imperium è un po’ come il maiale: di lui non si butta via niente, anzi, si prende a piene mani il canto del cigno di una delle band di cui più oggi si sente il bisogno. Niente qui è fuori posto e la prestazione generale è davvero notevole: i riff sono feroci e massicci quando serve, la chitarra ha un gran suono che riporta a qualche tempo fa e la batteria pesta fino alla dannazione. Il basso si amalgama benissimo e, ovviamente il punto meno digeribile dell’album è la voce. Facciamo chiarezza: non ha niente che non va, anzi, è una gran prestazione! Resta solo da verificare se le clean, i growl e le timbriche “sporche” siano nei vostri gusti usate tutte insieme! L’uso delle prime comunque rimane molto particolare, di certo non da metal-core e soprattutto non lagnose; il pulito è alienante, malsano, sofferente e si sposa benissimo con la proposta della band. Rimane poco altro da dire e qui un track by track risulta francamente inutile; The Antichrist Imperium è un disco di musica estrema che spiega come oggi dovrebbe essere suonata la musica estrema medesima. Bisogna essere potenti ma non gratuiti, personali e soprattutto avere le idee; quando la ferocia incontra il raziocinio il risultato non è per molti ma può essere estremamente valido e pericoloso. Date un’opportunità a questo disco, e anche ai vecchi dischi degli Akercocke, ne vale la pena.