Recensione: The Archaic Abattoir
Si prospetta come un anno d’oro per il Death Metal, questo 2005: a iniziarlo
sono stati gli Immolation, che hanno saputo rispolverare il loro miglior
sound con Harnessing Ruin; per continuare con gli attesissimi Nile
(in uscita a fine maggio) e i sempre più sorprendenti Cephalic Carnage,
che con Anomalies hanno chiuso il cerchio di questi primi cinque
mesi dell’annata. Ma con gli Aborted siamo alla vetta per quanto riguarda
il death brutale e di ispirazione gore, con un disco come non se ne sentivano da
anni nel campo.
The Archaic Abattoir è infatti uno dei più intensi album
usciti nel genere addirittura dai tempi dei Carcass, cui oggi più o meno tutti
sono debitori, e i belgi per primi: si tratta infatti di un brutal death con
grande personalità, ma che sa unire in modo sapiente le melodie acide di
carcassiana memoria alle ritmiche spaccacollo che già su Goremageddon
il gruppo di Gent aveva fatto sentire. Un lotto di canzoni assolutamente
imperdibili, con testi ovviamente vietati ai bimbi, che sanno essere potenti ma
allo stesso tempo accattivanti, con ritmi catchy, break “cantabili”
(se avete la voce di Sven, però), che vi resteranno impressi per un bel
po’ e vi ritroverete a canticchiare a sorpresa in doccia, sul lavoro o mentre
state tentando di imparare a memoria un testo scolastico. Cos’è cambiato
rispetto al predecessore? La maturità. E’ infatti un album completo al 100%
quello che ci viene presentato ora, mentre Goremageddon, per quanto fosse
un ottimo disco, mancava di un po’ di varietà e faceva cadere l’attenzione qua
e là… questo non vuol dire però che The Archaic Abattoir sia
un album ruffiano, ma che gli Aborted hanno saputo dosare per la prima
volta in modo praticamente perfetto tutte le proprie doti, tecniche e
compositive. Su tutti il citato cantante Sven de Caluwe, una vera forza
della natura, con il quale pochi, in Europa, sono in grado di competere: un
growl immediatamente riconoscibile, grazie anche all’ottima produzione, e
tonalità alte più riconducibili al Jeff Walker d’annata, ma calibrate
attentamente. E come non menzionare il batterista Gilles Delacroix?
Potente, vario, tecnico, la vera impalcatura su cui si regge tutto lo schema
compositivo di questi gore metallers.
Non c’è quindi una sola canzone trascurabile tra le dodici che compongono la
tracklist di questo quarto album dei belgi, tra l’opener Dead Wreckoning,
che coi suoi break cadenzati ed i campionamenti vi si stamperà direttamente nel
cervello; The Inertia, che prende la band di Bill Steer e la scompone,
rimescolando il tutto a parti thrash e solismi heavy; The Gangrenous Epitaph,
un’altra delle migliori canzoni brutal death sentite da tanto, troppo tempo.
Gli Aborted sono uno di quei gruppi che riescono solo a migliorare,
pur partendo già da ottime basi: ed è grazie a loro che la parola
“gore” può essere parzialmente sdoganata, può uscire dal fondo di
quell’underground che porta con sè il culto ma anche scarsità di mezzi. Onore
quindi alla Listenable, responsabile della scoperta e del lancio definitivo di
quello che è attualmente un faro guida nella scena europea, a dispetto di
un’esposizione mediatica non certo enorme; e onore agli Aborted stessi,
capaci di non fermarsi all’album della “conferma”, tradizionalmente il
terzo nella carriera di una band, ma di sfornare il loro capolavoro con calma,
passo per passo. Se dovete scegliere anche un solo disco death per questi ultimi
mesi, bene, comprate The Archaic Abattoir ad occhi chiusi.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Dead Wreckoning
2. Blood Fixing The Bled
3. Gestated Rabidity
4. Hecatomb
5. The Gangrenous Epitaph
6. The Inertia
7. A Cold Logistic Slaughter
8. Threading On Vermillion Deception
9. Voracious Haemoglobinic Syndrome
10. Descend To Extirpation
