Recensione: The Astral Factor
Otyg, Vintersorg, Havayoth, Fission, Borknagar, Cronian. E ora anche Waterclime. La promessa formulata mesi fa di dall’onnipresente Mr.V di tributare la tradizione progressiva è stata oggi mantenuta con un disco che, almeno a un primo ascolto, non si direbbe proprio progressive rock. O almeno, non solo. Ma forse era inevitabile che andasse così.
Chi ha seguito la carriera di Andreas Hedlund fin dalle suo origini si sarà senza dubbio fatto un’idea della vastità del bagaglio musicale da cui hanno attinto le sue opere. Dal folk scandinavo, da qualcuno rimpianto e da molti amato, che ha dominato il periodo Otyg e i primi due album a nome Vintersorg, al black impuro che ne ha influenzato in larga misura tutta l’opera; dall’heavy classico, tributato con una singolare cover dell’immortale Holy Diver, al sound gotico, atmosferico e pacato dei poco noti Havayoth; dal death melodico sfogato negli ancor meno noti Fission, fino alle ambiziose sperimentazioni avanguardistiche degli ultimi Borknagar, dei neonati Cronian e, naturalmente, della band madre.
Proprio in queste sue ultime creazioni è maggiormente riconoscibile l’influenza della tradizione prog dei seventies, trasfigurata nei dialoghi con le stelle di Cosmic Genesis e nelle pulsazioni primordiali di Empiricism. E proprio queste reminescenze progressive salgono al centro della scena in The Astral Factor. Eppure qualche purista potrebbe storcere il naso nel vedere i Waterclime (in verità si tratta di una one-man band) affiliati alla stessa famiglia cui appartengono Genesis, Rush o, per rimanere in terra scandinava, Flower Kings. E non del tutto a torto: in effetti, nessuno negli anni settanta si sarebbe mai sognato di dare alle stampe un disco come questo.
Ma, a pensarci bene, era davvero inevitabile. Da lungo tempo Vintersorg ha rinunciato a etichette e schemi precostituiti, infondendo in ogni sua creatura un’anima eclettica e innovatrice. Un’anima che non manca ai Waterclime. Gli ingredienti che si mescolano in questo nuovo calderone provengono dalla cultura del rock sinfonico, del folk, del jazz, dello stesso avantgarde (opportunamente depurato dalla componente estrema): solo alla fine viene aggiunta la spezia progressiva. Più che la ricetta, è il metodo a rimanere invariato: cambiano le prospettive, i profumi, i sapori. Per il dolore di chi rimpiange il Vintersorg che fu – ma d’altronde un’improvvisa resurrezione folcloristica non avrebbe molto senso – e per la gioia di chi lo ama in tutte le salse.
Chi, invece, ancora non lo conosce, è bene che si avvicini con cautela, a maggiora ragione se ad accoglierlo trova una Mountains che non si pone tanti problemi nell’intrecciare vibrazioni sonore futuristiche con le venerande note di un Hammond d’epoca, mentre un basso possente detta i tempi a voce alta. Ed è solo l’antipasto. La sperimentazione – rischiosa, densa, scivolosa, ma appagante – pare sospendersi per un attimo solo in occasione della trascinante Midnight Flyer, puro hard rock anni settanta, anche se il vocione di Mr. V potrebbe lasciare i nuovi venuti un po’ spaesati. Qualche pietra – anzi, macigno – di paragone? Prendete Uriah Heep e Yes, ma non affidatevici troppo: potreste rimanere d’un tratto senza sostegno. Come nel caso della vespertina Painting Without Colors, o magari dell’alienante title track, tra i fiori all’occhiello del disco, che tra un break sinfonico e un assolo sognante richiama alla memoria le atmosfere siderali del visionario Cosmic Genesis. Da segnalare, su entrambi i brani, l’ottimo lavoro svolto alle sei corde dal fido Matthias Marklund (a fianco di Vintersorg sin dai tempi degli Otyg), qui presente nelle vesti di ospite speciale. A smorzare i toni ci pensa la leggerezza serena di Floating – difficilmente un titolo avrebbe potuto essere più azzeccato – irradiata dalla luce di una nebulosa di sintetizzatori e adagiata su un morbido tappeto di chitarre. L’unico calo di tensione si registra nella fosca Scarytale, traballante sull’instabile terreno jazzistico e poco incisiva al momento del refrain.
Di certo non sarà il primo ascolto quello più appagante, né il secondo o il terzo. Con calma, pazienza, e quel tanto di attenzione che ogni opera di questo calibro reclama, sarà necessario seguire nella sua scalata il pioniere svedese, prestando attenzione ai passaggi più impervi e attendendo di raggiungere la vetta prima di giudicare il panorama.
Peccato solo che il piacere del viaggio sia parzialmente guastato da una produzione del tutto inadeguata. Sebbene il volume degli strumenti sia regolato con sufficiente cura da non soffocarne alcuno (neanche il bistrattato basso), la qualità dell’audio è veramente scarsa, e i suoni spesso impastati appesantiscono goffamente i passaggi più densi, rendendone faticosa all’eccesso la fruizione. Una disattenzione (o forse un errore di calcolo) piuttosto grave, soprattutto considerato il tipo di musica di cui si sta parlando e l’esperienza dello stesso Hedlund, che ha curato di persona ogni passaggio del processo di produzione.
A voler essere pignoli, c’è da aggiungere che una copertina tanto scialba e insignificante non la si vedeva in giro da un pezzo. In particolare, il confronto con l’artwork di un altro recente side-project, i Cronian, ha un esito decisamente ingrato. Quest’ultimo difetto e il precedente sembrano evidenziare una certa incuria per la forma, che non può non far sorgere qualche rimpianto, soprattutto se si riflette sul valore dei contenuti.
Contenuti che, eludendo tutte le aspettative, finiscono in definitiva per assecondarle. Uno come Vintersorg non poteva certo limitarsi a un tranquillo tributo all’augusta tradizione del prog, seminando una manciata di belle armonie su un terreno preparato da altri. Tutto il contrario. I Waterclime scelgono melodie difficili, che si concedono solo agli ascoltatori più ostinati, recuperando mezzi e attitudine di un tempo e imbarcandosi alla volta di nuovi orizzonti per onorare un valore condiviso dalla vecchia guardia: la sperimentazione. I puristi comincino pure a gridare allo scandalo, chi ama travalicare i confini è già pronto alla scorpacciata.
Tracklist:
1. Mountains (05:41)
2. Floating (04:09)
3. The Astral Factor (05:38)
4. Diamond Moon (04:09)
5. Painting Without Colours (05:50)
6. Midnight Flyer (05:17)
7. Scarytale (06:17)
8. Timewind (06:19)