Recensione: The Attraction Of Opposites

Di Vittorio Cafiero - 14 Giugno 2014 - 22:23
The Attraction Of Opposites
Band: Ravenscry
Etichetta:
Genere: Gothic 
Anno: 2014
Nazione:
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85

Li avevamo conosciuti nel 2011 – all’epoca del convincente esordio sulla lunga distanza One Way Out – e avevamo avuto la possibilità di apprezzare la loro capacità di essere moderni e pesanti senza sacrificare il gusto e la fantasia nelle composizioni. Tornano alla ribalta oggi i milanesi Ravenscry (ma la cantante Giulia Stefani è di Tarquinia) e lo fanno con  The Attraction Of Opposites, album che non fa che confermare quanto di buono già proposto pochi anni fa e che inserisce la band in quel gruppo di giovani act italiani (Destrage, Shores Of Null, Progenie Terrestre Pura, The Modern Age Slavery, In Tormentata Quiete, Wake Arkane ed altri) i quali, al di là del genere proposto, non hanno paura di innovare, contaminare, sperimentare e suonare moderni.
Già definire con precisione il genere proposto dal quintetto è opera ardua (e meno male, aggiungiamo): classificarli solo come gothic metal sarebbe banale e limitato, azzardare il delicato appellativo nu metal sarebbe ingiusto e ingeneroso, vista la reputazione non propriamente positiva che tale termine ha guadagnato negli anni. Di certo, di metal si tratta e pure vigoroso e pesante, vista l’aggressività di certe soluzioni in fase di ritmiche; ciò grazie anche all’operato del fondatore Paul Raimondi (con un passato come batterista dei power metallers Hyperion), vera e propria impalcatura al suono della band e al drumming di Simon Carminati, che di certo le pelli non si limita a sfiorarle. Ma, appunto, si va oltre il semplice metallo pesante, in primis grazie alle qualità canore di Giulia Stefani (oramai molto più che una semplice promessa) e alla scelta di ibridare il suono con elementi progressivi, elettronici, addirittura di stampo swing fino a veri e propri intermezzi jazz (!).
La tracklist è corposa e priva di passaggi a vuoto. Fin dalla opener Luxury Of A Distraction si percepisce che il leitmotiv dell’album sarà il costante confronto tra musica e voce, che a volte sembrano alternarsi, a volte integrarsi in una perfetta armonia; il cantato di Giulia Stefani è certamente protagonista, ma senza che gli altri strumenti siano messi in secondo piano, merito anche dell’ottima registrazione fai-da-te presso i Ravenstudio e del lavoro di mix e master effettuato ai Bohus Sound Recording Studios (In Flames, The 69 Eyes, Diablo Swing Orchestra). Come pezzo apripista e video, i Ravenscry hanno scelto Missing Words e hanno fatto bene: brano diretto, trascinante coinvolgente, come nella migliore tradizione della band (ai curiosi suggeriamo dal primo album Nobody e Calliope, che grazie alla Rete hanno permesso al gruppo di guadagnare consensi anche all’estero). La cantante è certamente in evidenza, in un pezzo che senza esagerare nella ricerca riesce a catturare immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore.
Si parlava poco sopra di una tracklist priva di filler; sarebbe opportuno spendere parole per la maggior parte dei pezzi: dall’andamento fiero ed accattivante delle strofe di The Witness, agli splendidi inserti di sax di Alive (che sembra nascere come ballad, ma si sviluppa in trame molto più complesse del solito lento), dalle tentazioni progressive di Cynic, fino ad arrivare ad un altro momento in cui i Ravenscry mostrano tutta la loro maturità: Living Today è tanto lontano dalla forma-canzone classica, quanto coinvolgente e dallo sviluppo inaspettato, grazie all’improvviso inserto di fiati che catapultano l’ascoltatore in un’ambientazione davvero sorprendente: il bridge apre ai fiati, con tromba e trombone armonizzati a fare da background alla voce, mentre la band si prodiga in un (improbabile ma accattivante) swing metallico che ben si incastona tra le sezioni.
Testi e concetti interessanti, poi, che si sviluppano attorno al tema della dualità, sugli opposti che si attraggono in quanto indispensabili tra loro, sulle scelte che ci troviamo a fare, sulle strade da intraprendere (temi esplicitati nell’omaggio finale alla scelta sottoposta a Keanu Reeves/Neo nella famosa scena di Matrix).
Con Noir Desire ancora novità: ritmi rallentati, atmosfera più darkeggiante, da film noir, appunto, da night club fumoso…eppure, anche in questo caso, non si abbandonano le rassicuranti e robuste fondamenta chitarristiche, vera e propria presenza costante, per la gioia di chi teme di allontanarsi dai territori metal. E se Ink soprattutto nelle scelte vocali potrebbe ricordare da lontano certe cose degli Skunk Anansie, con ReaLies si punta alla coralità, in un crescendo emozionale costante.
Nulla sembra essere lasciato al caso in questo lavoro: i dettagli sono curati, gli arrangiamenti di categoria; eccetto la vocalist, davvero superba nella preparazione e nella personalità, gli altri strumentisti sembrano badare maggiormente al sodo, evitando orpelli ed inutili virtuosismi e preoccupandosi unicamente di dare sostanza alle composizioni, di sostenere ed elevare il cantato, in un vortice a volte irresistibile davvero. Al di là della qualità intrinseca del lavoro, vale la pena oltretutto evidenziare il “contorno”, che non solo non guasta, ma che al giorno d’oggi può essere la chiave di svolta per emergere in un music business difficile ed inflazionato: ottima produzione, artwork di classe, serietà in ambito organizzativo (la band è costituita come società, ha scelto la strada dell’autoproduzione con accordi di distribuzione per tutto il mondo e si è dotata di un attivo ufficio stampa e promozione).

Nessuna traccia della banalità dei vari Amaranth, Delain e, duole dirlo, di certe recenti scelte di campo degli stessi Within Temptation, ormai tesi solo a conquistare i mercati pop: con The Attraction Of Opposites ritroviamo dei Ravenscry maturi, davvero pronti a traguardi ambiziosi. Come appassionati della buona musica, non possiamo che augurare a questa nuova realtà tricolore le migliori fortune. Complimenti!                                                                                

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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